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mercoledì 21 settembre 2011

RECENSIONE: CHICKENFOOT (III)

CHICKENFOOT III ( e-a-r Music, 2011)

Quando uscì il primo album due anni fa,usai il risultato calcistico per dimostrare la vittoria artistica del supergruppo dei due cacciati eccellenti(in malo modo) dai fratelli Van Halen a sfavore della band madre assente dal mercato e in procinto di rientrarvi con il ritorno di David Lee Roth e il figliol prodigo Wolfgang Van Halen al basso. Sono passati due anni e dei Van Halen non c'è ancora traccia, mentre i Chickenfoot di Sammy Hagar, Michael Anthony, Chad Smith e il funanbolico Joe Satriani rinforzano ancora di più le loro radici facendo scomparire quel super davanti a gruppo per diventarlo a tutti gli effetti, aumentando la loro credibilità e scacciando le ipotesi da gruppo meteora. Nel 2011 il risultato a loro favore inizia ad assumere numeri da cappotto tennistico.
Gli ingredienti rispetto al precedente rimangano immutati ma si percepisce una maggiore rilassatezza e voglia di giocare e divertirsi con la musica, mantenendo fede ai principi base che fecero nascere la band: svago e tempo libero che adesso assumono lo status di trademark del gruppo. Per cui, l'ammiccamento leggero e pop di Different Devil può ricordare qualcosa di Sammy Hagar solista o dei Van Halen di metà anni ottanta. Contagiosa anche la più rockata e scollacciata Alright Alright, sui territori Kiss e con un Satriani libero di inventare assoli.
Come Closer è uno dei picchi emozionali del disco che conferma Hagar grande cantante e la band capace di toccare i territori soul con intensità sconosciute nel debutto. Con Three and a half Letters, si fanno portavoce della crisi economica americana, dando voce a tutti i senzalavoro. Credibile o no il messaggio(detto da dei milionari benestanti come loro...), la canzone si divide tra parti recitative e assalti all'arma bianca con l'urlo "I need a Job" che prevale su tutto.
Big Foot, tra donne e motori, è il primo singolo e riprende le coordinate del primo disco, l'episodio che si differenzia di meno tra tutti, anche il meno riuscito, ma forse ideale e rappresentativo del sound della band.
Dubai Blues mette in cattedra la sezione ritmica guidata dal basso di Anthony e dalla batteria di Smith(sarà sostituito dal "prezzemolo" Kenny Aronoff , durante i tour, visti gli impegni contemporanei dei suoi RHCP), un hard rock'n'oll funk con il solito bel assolo di Satriani.
I Chickenfoot colpiscono duro nel mid tempo hard rock Last Temptation, nella fiammeggiante Up Next e in Lighten Up, preceduta da un un intro di tastiere molto purpleiano per svilupparsi in una solida hard/blues song con un Hagar cattivo e convincente.
Conclusione con Something Going Wrong, ballad dal sapore western e vicina ai territori west coast con le ottime armonizzazioni vocali tra Hagar e Anthony(da sempre un backing vocalist di tutto rispetto e nell'intero disco si sente, come si sentirà nei Van Halen , orfani di lui).
Con ancora una bollente hidden track da scoprire(nella versione UK) questo secondo lavoro(il titolo III è una divertente presa in giro), prodotto dall'esperto Mike Fraser è sicuramente un'altra dimostrazione delle numerose sfaccettature che quattro musicisti (amici) riescono a dare alla musica, senza proclami ma inseguendo il divertimento, raggiungendolo e spargendolo a piene dosi attraverso le loro canzoni. Che il secondo tempo del party, anzi il terzo, abbia inizio.

Ultima nota per la particolare confezione del cd, con appositi occhialini 3D inclusi per poter vedere i nostri eroi uscire dalle foto!

Recensione: CHICKENFOOT I
http://www.impattosonoro.it/2010/01/14/recensioni/chickenfoot-chickenfoot/

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