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mercoledì 25 maggio 2011

RECENSIONE: FLOGGING MOLLY (Speed Of Darkness)

FLOGGING MOLLY Speed Of Darkness ( Borstal Beat Records, 2011)


Sì, si sente, l'oscurità presente nel titolo del quinto album della band di Los Angeles è presente ed avvolge il loro lavoro più intransigente, vario ma allo stesso tempo con molti punti accessibili, della loro carriera. Il singolo Don't Shut 'em Down è quanto di più mainstream rock e moderno uscito dai loro strumenti mentre la "finta" ballata The Heart of The Sea potrebbere mietere molte vittime.
Un' oscurità in cui si è risvegliata la società americana e mondiale, schiava dei sistemi capitalistici che stanno facendo sprofondare sottoterra quello che ci avevano promesso come un radioso futuro. I Flogging Molly prendono spunto da qui per creare una sorta di concept, in cui i valori positivi in cui credere prendano il sopravvento alla falsa pubblicità ingannatrice del mondo moderno.

Registrato , non a caso, a Detroit, la città dell'auto che sta vivendo una forte stagione di crisi economica e che ha fornito l'ispirazione per far nascere queste dodici canzoni, senza dimenticare che Detroit è anche la città che, negli anni settanta, dettava legge in fatto di rock, la casa degli Mc5 e degli Stooges, tanto per intenderci.
Dave King e soci , durante gli anni, sono cambiati, il loro irish/punk rock si è affinato, inglobando più influenze musicali che vedono la loro summa in questo Speed Of Darkness. Stupisce, quindi, una canzone come The Power's Out, una potente marcia blues di denuncia con la città di Detroit protagonista tra chitarre elettriche,slide, farfisa e percussioni con la voce di King che si ricorda d'essere stata alla guida, negli anni ottanta, dell 'hard rock di gruppi come Fastway e Katmandu. Uno dei migliori momenti del disco.
Il Country/folk della ballad This Present State of Grace con il violino Bridget Regan a guidare le danze tra Irlanda e America, odora di antico.
Saint & Sinners è una fast Irish/punk song, guidata dal violino, con un break centrale, quasi western che ricorda il Johnny Cash "cowboy".
Osano in The Cradle of Humankind, ballata pianistica toccante e piena di positiva speranza per chi sceglie di scappare verso un futuro più radioso e la "terra promessa". Una canzone che cresce , fino alla coralità finale. Sullo stesso piano metterei le brevi ed acustiche preghiere So Sail On e A prayer for me in silence, dove la violinista (e compagna di King) Bridget Regan si cimenta alla voce.
I momenti più rock del disco rimangono l'iniziale Speed Of Darkness, la chiamata alla rivolta di Revolution( con l'irruzione anomala di una tromba) e la presa di posizione contro la politica guerrafondaia di Oliver Boy(All of Our Boys). Canzoni che creano il ponte con il passato della band.

Perchè ormai è assodato che i Pogues sembrano aver trovato i loro successori più in America che in patria e i Flogging Molly si contendono il trono con gli amici Dropkick Murphys, anche loro freschi d'uscita in questo 2011. La maturità artistica che il precedente "Float"( 2007) prometteva si è fatta realtà.


vedi anche: recensione/reportage FLOGGING MOLLY live@Carroponte, Sesto San Giovanni(MI)17 Agosto 2011

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