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domenica 17 marzo 2024

RECENSIONE: THE ROLLING STONES (Live At The Wiltern)

 

THE ROLLING STONES   Live At The Wiltern 2002 (Mercury/Universal2024)



archivi infiniti

Si sa, quando i Rolling Stones si chiudono dentro alle intime quattro mura di un teatro o di un piccolo locale succedono cose straordinarie, fuori dall'ordinaria sequenza di hit proposte nei grandi spazi. È uscito ufficialmente il terzo concerto che regalarono alla città di Los Angeles durante il faraonico tour Forty Licks che li tenne impegnati nel 2002 e 2003, diciotto mesi, 117 concerti, ottanta canzoni suonate ("il doppio preparate" raccontò Ronnie Wood) , per festeggiare i loro primi quarant'anni di carriera (ma forse sbagliarono i conti): dopo stadio e arena, il meglio nella città degli angeli lo diedero la sera del 4 Novembre 2002 al Wiltern Theatre, un teatro Art Déco del 1931, davanti a circa 2000 persone. Tra il pubblico illustri amici e colleghi come Tom Petty e Neil Young (inquadrati subito dalle telecamere nelle immagini del DVD a supporto), Sheryl Crow, Johnny Depp, Stephen Stills e Eddie Murphy. Gli Stones erano in gran forma, Jagger e Richards sembravano andare d'amore e d'accordo, a Ronnie Wood per il tour venne pure chiesto di ripulirsi. "Per la prima volta da quando ero uno Stone, sarei andato in tour con la band da sobrio...il tour Forty Licks doveva festeggiare i quarant'anni degli Stones. Nessuna band di rock'n'roll era arrivata così lontano. Eravamo entrati in un territorio non segnato dalle mappe".  Charlie Watts era il solito collante elegante, preciso e compassato che teneva uniti i pezzi.

La tappa di riscaldamento del tour fu suonata a sorpresa al Palais Royal Ballroom di Toronto con poche centinaia di persone ma fu questa data al Wiltern che passò alla storia. 

"Non potremmo davvero fare un intero tour facendo spettacoli prevedibili. Dobbiamo avere canzoni imprevedibili" racconta Wood.

Mick Jagger: "rende tutto interessante per il pubblico e la band. Ho dovuto pensare molto di più alle scalette di quanto avessi mai fatto".

Tutto sembra iniziare  nel modo più classico però con 'Jumpin Jack Flash' (in una normale discografia di una normale band verrebbe usata negli encore, sempre che una band "normale" possa vantare qualcosa di simile) con le chitarre di Wood (in canotta da spiaggia) e Keith Richards (in divisa militare) che si intrecciano, Jagger di blu vestito aizza il pubblico come se avesse davanti 100.000 persone. Ma mano a mano che avanzano le due ore di concerto ecco arrivare una tiratissima  'Live With Me' da Let It Bleed con il sax del compianto Bobby Keys che entra prepotente in scena. Durante il rock’n’roll di 'Neighbors', con le coriste e il piano di Chuck Leavell, sembrano divertirsi tutti un mondo mentre il pubblico è già tutto in piedi. Come altrimenti?  

"A volte in viaggio il tempo è brutto e metà della band è giù per qualcosa, ma a parte quei giorni ovviamente tristi, c'è un'incredibile freschezza in questi ragazzi" raccontò Richards.

L'atmosfera è rovente, Jagger si toglie la giacca di pailettes blu eseguire per una 'Hand Of Fate' dal mio adorato Black In Blue. Richards continua a lanciare e regalare plettri, assottiigliando  ancor di più la minima distanza tra rockstar e pubblico.

Quando Jagger imbraccia un'acustica parte 'No Expectations' ma gli occhi sembrano tutti puntati su Wood che sembra avere qualche problema con la slide, subito risolto. Dopo un classico come 'Beast Of Burden' ecco una 'Stray Cat Blues' con l'assolo al basso di Darryl Jones, il funky rock di 'Dance, Part 1' estrapolato da Emotional Rescue  è tutto pane per la boccaccia di Jagger (che tra l'altro sembra dimenticare pure da che album provenga) mentre gli ottoni si scaldano per uno dei momenti clou del concerto con la breve entrata in scena di Solomon Burke che in precedenza aveva aperto il concerto, presenza imponente e bastone in mano per una sempre coinvolgente 'Everybody Needs Somebody To Love' e l'incoronamento di Jagger a "king del  rock'n'roll" da parte di Burke. Jagger pare imbarazzato per troppa grazia. Si pesca lontano con 'That's How Strong My Love Is', catapultati nel 1965 e ci si rimane con la cover 'Going To A Go-Go' successo dei Miracles di Smokey Robinson. Dopo la presentazione di tutti i protagonisti da parte di Jagger (c'è anche Jim Keltner alle percussioni), arriva il momento di Richards che si cimenta alla voce con 'Thru And Thru' presa da Voodoo Lounge e la reageaggiante 'You Don't Have To Mean It'.

Altro momento di incorniciare e portarsi a casa sono i nove minuti di 'Can't You Hear Me Knocking?' canzone corale con l'intermezzo jazzato colorato dal solo al sax di Keys e  quello di Jagger all'armonica. Prima del gran finale, c'è il tempo per il blues di B.B. King 'Rock Me Baby'. Si va poi in discesa negli ultimi 25 minuti. In successione: 'Rock Me Baby', 'Bitch', 'Honkey Tonk Women', 'Start Me Up', 'Brown Sugar' (con i coristi Blondie Chaplin e Lisa Fisher che si prendono la scena) e 'Tumbling Dice'. 

Come dite? Sono stato prolisso? È la storia che lo impone. Buon divertimento. Live assolutamente da avere.




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