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sabato 26 agosto 2023

RECENSIONE: RYAN BINGHAM (Watch Out For The Wolf)

 

RYAN BINGHAM  Watch Out For The Wolf  (Thirty Tigers, 2023)



parentesi

Messa in stand by la sua carriera d'attore arrivata al momentaneo culmine con la partecipazione nella serie di grande successo Yellowstone e nel pieno della sua nuova storia d'amore con Hassie Harrison, attrice conosciuta proprio sul set, Bingham ritorna alla musica a quattro anni dall'ultimo disco American Love Songs. Lo fa però in misura ridotta con un Ep di sette canzoni, poco più di venticinque minuti di musica, ma soprattutto mettendosi completamente in gioco come mai prima: Ryan Bingham scrive, canta, suona e produce. Un disco atipico, scarno fino all'osso, registrato in solitaria nel suo "rifugio" del Montana.

"Un microfono, una chitarra, una tastiera MIDI, una chitarra elettrica" questo è tutto quello di cui ha avuto bisogno.

La scrittura in solitudine era già stata sperimentata molto bene nell'album Fear & Saturday Night (2015), nato tra le montagne della California, per me uno dei suoi vertici dopo il debutto. Sette canzoni che forse servono più all'autore per mettere ordine alla sua carriera che a noi.

"Creare questo album in solitudine è stato ultraterreno, spirituale e talvolta semplicemente dannatamente terrificante" ha raccontato.

 Un ponte ,un passaggio, un bisogno di tornare alla musica, per far dire a se stesso  e ai fan "ci sono ancora". Inizia e finisce fischiettando Ryan Bingham in Where My Wild Things Are e nella conclusiva This Life. Nella prima si cala completamente nel paesaggio naturale che lo circoda: lui, la solitudine, la notte che cala e le stelle che illuminano la natura intorno, in This Life ci invita a vivere al meglio la vita. In mezzo ci si cala in canzoni dal forte impatto atmosferico (Automated), desertiche (Shivers), di blues ombroso e solitario (The Devil Stole My Style), ritmi quasi tribali tra l'acustico e l'elettrico nella strumentale Internal Intermission e il country tra mandolino e elettrica di River Of Love. Certo, la presenza di una batteria campionata sembra togliere un po' di calore a queste canzoni solitarie da falò nel bosco ma se le si prende per quello che sono riescono a disegnare il giusto quadro di dove sia oggi Ryan Bingham.

"Durante la realizzazione di questo album, ho attraversato una precisa evoluzione personale o trasformazione spirituale che non riesco davvero a spiegare".

Lo chiameremo disco di passaggio, aspettando qualcosa di più sostanzioso, sempre che non voglia rituffarsi dietro a una camera da presa, lasciando la sua musica agli spiriti del bosco e alle stelle.





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