CORY BRANAN When I Go I Ghost (Blue Elan Records, 2022)
Mi è sempre piaciuto Cory Branan, uno dei migliori cantautori americani di quella generazione di quasi cinquantenni che seguendo le orme dei grandi songwriter a stelle e strisce è riuscita creare una piccola scena. Branan non è certamente tra i più prolifici: questo è solo il suo sesto album e esce a cinque anni dal precedente Adios, che non era un addio ma un arrivederci a data da destinarsi. Ci siamo.
Nativo della terra del Misssissippi, figlio di un batterista, inizio carriera in una metal band e folgorazione cantautorale ascoltando John Prine da cui eredita quel modo di scrivere disincantato, la cinica lettura della vita con in primo piano i sentimenti compresi cuori spezzati, malesseri e storie intriganti, tanto che i Lucero lo citarono in una loro vecchia canzone 'Tears don't Matter Much' contenuta in That Much Further West(2003).
Per questo disco ha scelto undici canzoni dalle cinquanta che aveva a disposizione, lascito del tanto tempo creato dalla pandemia.
"Brani che parlano di dubbi esistenziali, della perdita di persone care, di depressione e di ansia generalizzata" dice. Per farlo mette in campo tutto il suo estro musicale che tocca sempre con disinvoltura il rock dalle influenze springsteeniane come avviene nell'apertura 'When in Rome, When in Memphis' che ospita Jason Isbell e Brian Fallon. Per chi ama Springsteen consiglio però l'album Mutt uscito nel 2012, forse il suo migliore. Su di giri anche la tesa 'When I Leave Here' e una 'One Happy New Year' che gravita invece dalle parti di John Mellencamp.
Mentre in 'O Charlene' escono tutte le influenze ereditate da John Prine, 'Angels in the Details' e 'That Look I Lost' si muovono sinuose nel soul. A conferma della sua grande bontà di scrittura che ama spaziare nei generi, a una ballata notturna e malinconica come 'Pocket Of God', certamente tra le più riuscite del disco, contrappone due pezzi dal retrogusto pop come 'Waterfront', cantata insieme alla cantautrice Garrison Starr e 'Come on If You Wanna Come'.
Branan si conferma un cantautore randagio e poco omologato, libero di muoversi nello scacchiere musicale americano senza troppi obblighi di tempo e generi.
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