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domenica 25 settembre 2022

RECENSIONE: CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL (At The Royal Albert Hall, April, 1970)

CREEDENCE CLEARWATER REVIVAL  At The Royal Albert Hall, April 14, 1970 (Craft Recordings, 2022)



quello giusto!

Nella primavera del 1970, i Creedence sbarcano in Europa all'apice delle loro forze, in piena vena creativa e con quattro dischi incisi in due anni (ben tre solo nel 1969), un crescendo che sembrava non avere ancora fine, ed in effetti Cosmo' s Factory e il più bistrattato Pendulum dovevano ancora venire. Eppure anche la loro fine era lì, imminente dietro un angolo, ma ancora nessuno lo sapeva. O chissà, forse Tom Fogerty sì. Le due date sold out alla Royal Albert Hall di Londra vengono finalmente alla luce nella loro bellezza e l'occasione è di quelle ghiotte per farci su un film documentario Travelin'Band (per Netflix), con la voce narrante di Jeff Bridges, che si chiude proprio con le immagini del concerto  e un disco con la data del 14 Aprile 1970 incisa nei solchi. Questa volta però il concerto è quello giusto. Perché, le canzoni che uscirono nel 1980 furono un falso ben congegnato o una svista imperdonabile dalla Fantasy: non erano i concerti di Londra ma quelle di una data a Oakland. Un falso d'autore rimediato in fretta con un  generico titolo The Concert.

Inutile dirvi che il live spacca. La band guidata da John Fogerty è un treno in corsa, inarrestabile, decisa, concreta: dodici canzoni suonate con piglio sicuro che riprendono esattamente ciò che la band aveva sempre fatto in studio, l'unione personale tra blues e rock, masticato e rilasciato con freschezza nuova e adatta ai tempi ma senza cadere nelle tentazioni psichedeliche imperanti. Si andava al sodo e alle radici del suono americano. Era swamp rock frizzante e diretto ma c'erano anche il country e il bluegrass dietro. Totalizzanti.

 "Essenziale, pulito e blues" come indicava il cartello perso nella copertina di Cosmo's Factory.

Si parte dalla paludosa 'Born On The Bayou' che la storia vuole scritta da Fogerty senza mai essere stato in una bayou prima di allora, i CCR erano di San Francisco ma la fascinazione per il sud, la Louisiana, li avvolse completamente fino al collo. Ci nuotavano bene dentro come nessuno mai.


'Green River' scritta da Fogerty ricordando le acque del Putah Creek in California dove trascorreva le giornate in adolescenza tra ragazze nude che dimenavano i loro corpi e rane saltellanti, 'Tombstone Shadow' venuta in ispirazione dopo aver fatto visita a un indovino che predisse a Fogerty tredici mesi di sfortuna (un po' ci andò vicino visto i guai discografici che arriveranno in seguito per riuscire a entrare in possesso del suo catalogo). 'Travelin Band' che uscirà solo poco dopo su Cosmo's Factory pur scippando molto a Little Richard (di cui fanno invece 'Good Molly Miss Molly') è il manifesto di una band inarrestabile e sempre on the road, quella 'Fortunate Son' che di schierava apertamente dalla parte della classe operaia (la camicia di Fogerty resiste nel tempo) e contro la guerra del Vietnam (i fratelli Fogerty l'avevano scampata), 'Commotion' combatteva la frenesia della vita moderna (avercela ora quella frenesia), 'Bad Moon Rising' annunciava una imminente apocalisse a ritmo funky rockabilly, 'Proud Mary' "la mia prima canzone buona" come la definì John Fogerty era già un classico allora nella versione originale e nelle tante cover che verranno, quella di Ike e Tina Turner su tutte.

Un paio di "classici" veri come 'The Night Time Is The Right Time' e 'The Midnight Special', solo qualche "thank you", "thank you very much" tra una canzone e l'altra e la presentazione dell'ultima e sfrenata  'Keep On Chooglin', un finale a tutto groove completano un' esibizione tirata e vincente. Quasi fosse punk dell'american roots.

Roy Carr sul New Musical Express dopo i concerti londinesi fu chiaro e conciso:" la più grande rock'n'roll band del mondo". I Beatles avevano appena annunciato lo scioglimento. Il trono era vacante. Un caso?

Tom Fogerty dirà: "per anni ho avuto un poster dei Beatles alla Royal , ma mai avrei pensato che un giorno ci avrei suonato anch'io qui".

E bello è vedere alcune vecchie foto di John e Tom Fogerty, Doug Clifford, Stu Cook in giro per Londra con le loro macchine fotografiche al collo come turisti qualsiasi e curiosi, ancora ignari di quale pezzo di storia andranno a scrivere. In questi solchi ce n'è un po'.





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