TOM JONES Surrounded By Time (2021)
il lento passo degli anni
L'altra sera Ornella Vanoni, ospite in un programma televisivo, l'ha buttata giù dura e chiara: "sono l'unica che alla mia età incide un disco di inediti. Di solito si fanno solo dischi di vecchi successi". Chissà forse era una frecciatina indirizzata anche al buon Tom Jones. Negli ultimi dieci anni però il signor Jones si è rimesso completamente in gioco e ha fatto uscire tre dischi, tra gospel, folk, R&B, country e americana, uno più bello dell'altro: Praise & Blame nel 2010, Spirit in the Room nel 2012 e Long Lost Suitcase nel 2015. Oggi a ottant'anni, quasi 81, a sei anni dall'ultimo, torna con SURROUNDED BY TIME, un disco di cover (eccolo!) nuovamente sotto la produzione di Ethan Johns. Ascoltando il nuovo brano 'Talking Reality Television Blues' che aveva anticipato il disco, una spoken song scritta da Todd Snider che vaga in tutta libertà tra la storia della televisione e le tappe che l'hanno caratterizzata sembrava proprio che pur arrivato a quella età, il gallese non avesse ancora mollato la presa, non stanco di mettersi ancora una volta in gioco. E ora che abbiamo tutto l'album si può confermare, anche se le prime canzoni sono abbastanza spiazzanti rispetto a quanto ci aveva abituato nei precedenti dischi: 'I Won't With You If You Fall' di Bernice Johnson Reagon, 'The Windmills Of Your Mind' , 'PopStar' di Cat Stevens e 'No Hole In My Mind' diMalvina Reynolds (con il sitar suonato da Ethan Johns) hanno suoni sintetici, elettronici, lenti, cupi, spesso guidati da moog e tastiere, feedback e riverberi, sembrano giocare con l'inesorabile trascorrere del tempo, della vita, ma la voce di Jones si staglia prepotente e ipnotizzante su tutto.
Se in 'In Won't Lie' dell'astro nascente Michael Kiwanuka mette sul piatto la sua età e si avvicina a grandi passi alle American Recordings di Johnny Cash e con 'This is The Sea' dei Waterboys che ci dimostra tutta la sua grandezza: sono sette minuti di crescendo folk soul che pochi al mondo possono condurre con questa naturale autorevezza. Sicuramente il miglior pezzo del disco. Troviamo poi una rivisitazione di 'Ole Mother Earth' di Tony Joe White, una straordinaria 'One More Cup Of Coffee' dell'amato Bob Dylan, spogliata dei suoni di frontiera alla Desire e gettata in pasto voce, chitarra, basso, batteria e moog. 'Samson And Delilah', è un rock’n’roll ridotto all'osso che lascia una scia di freddo dietro di sé. Ma mentre 'I'm Growing Old', una cover di Bobby Cole del 1967, guidata dal pianoforte, mette sul tavolo tutto il peso dell'età, i nove minuti finali di 'Lazarus Man' di Terry Callie, la smentiscono immediatamente con una versione che vola verso la psichedelia e la vita.
Tom Jones continua a non dare limiti alle sue interpretazioni, è la sua storia che glielo permette e il capitolo finale è ancora lontano nonostante l'amara consapevolezza, dettata anche dalla perdita dell'adorata moglie Linda, scomparsa nel 2016 e dalla malattia degli ultimi anni, che il tempo rimasto là davanti non sia più molto:"stare sulla strada. Questa è la cosa che mi è mancata di più. Sto aspettando il mio tempo, ma non ho molto tempo da aspettare. Non voglio avere 90 anni prima di poter tornare di nuovo sulla strada! ".
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