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lunedì 16 marzo 2020

RECENSIONE: THE WOOD BROTHERS (Kingdom In My Mind)

THE WOOD BROTHERS   Kingdom In my Mind  (Honey Jar Records, 2020)



Quando si scava tra l'american roots è sempre difficile uscirne con qualcosa di unico e originale. La band dei fratelli Wood, Chris (basso, contrabbasso e voce) e Oliver (chitarre, voce e songwriting), insieme al polistrumentista Jani Rix, in qualche modo ci ha sempre provato, unendo folk, blues e gospel con l'approccio libero e senza confini del jazz. Questo ottavo album della loro carriera, iniziata nel 2006, ha preso forma da lunghe jam in studio di registrazione a Nashville.
"Non stavamo suonando canzoni. Stavamo solo improvvisando e lasciando che la musica dettasse tutto. Normalmente quando stai registrando stai pensando alle tue parti e alla tua esibizione, ma con queste sessioni, stavamo solo interagendo l'un l'altro e ci divertivamo sul momento". Spiega Oliver Wood.
È nato in modo casuale, in completa libertà, rispecchiando lo stesso approccio che li anima sopra ai palchi: ecco allora che le contaminazioni jazz portate in dote da Chris Wood segnano il lento incedere dell'apertura 'Alabaster'. Ma poi è un continuo peregrinare acustico tra le radici folk blues di 'Little Bit Sweet', il gospel di 'Jitterbug Love', il funk di 'Little Bit Broken', il soul di 'Cry Over Nothing', il boogie della più elettrica 'Don' t Think About My Death', il country bluegrass di 'The One I Love', il corale blues 'A Dream' s A Dream', la ballata 'Satisfied'.
Un gioco di rimandi nella pura tradizione americana condotto con cristallina bravura e in completa libertà.
Ma i veri segreti di questo disco si celano nel calore e nella vivacità d'esecuzione, nell' alto approccio alla materia, mai banale, nella registrazione degli strumenti che sembra non perdersi nemmeno il più soffuso dei rumori prodotti in studio di registrazione. Un disco da crepuscolo. Vincente, pur mantenendo la voce bassa e il carattere umile.









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