Pagine

martedì 16 luglio 2019

DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA # 74: CACTUS (Cactus)

CACTUS Cactus (1970)


blues nel deserto
Il 3 Giugno 1982, Russell Edward Davidson per tutti Rusty Day, suo figlio, il fedele cane e l’amico Garth McRae furono trovati morti nella casa di Day a Longwood, Seminole County in Florida, colpiti ammazzati da un' arma da fuoco. L’omicidio a distanza di molti anni è tutt'ora irrisolto anche se la pista legata a vecchi conti di droga rimase a lungo la più battuta. Rusty Day non era uno stinco di santo.
Rusty Day, 36 anni, in quel momento era invece il cantante della sua band Uncle Acid & The Permanent Damage, ma solo pochi anni prima la leggenda narra che avesse rifiutato di entrare negli AC DC dopo la morte di Bon Scott. Sappiamo come andò finire per la band australiana, rimane il punto interrogativo di come sarebbe potuta cambiare la vita del cantante Rusty Day, quello dalla voce grezza e potente e uno stile di vita non propriamente sano, se avesse accettato il posto.
Rusty Day la sua prima grande occasione la ebbe nel 1969 quando la sezione ritmica dei Vanilla Fudge formata da Carmine Appice (batteria) e Tim Bogert (basso) cercò di mettere insieme un supergruppo insieme a Jeff Beck e Rod Stewart. Mentre Rod Stewart declinò gentilmente l’offerta, avendo già scelto la strada dei Faces, Jeff Beck fu costretto a farlo suo malgrado in quanto rimase coinvolto in un incidente d’auto che lo mise ko per un po’ di tempo.
Appice e Bogart non abbandonarono l’idea, visto che un contratto con l'etichetta Atco era già pronto e i CACTUS presero forma quando si aggiunsero Rusty Day, in quel momento cantante degli Amboy Dukes di Ted Nugent, e il chitarrista Jim McCarty.
Il primo album, presentato da una stupenda quanto semplice - iconica e ironica - copertina che è tutto un programma e un’ispirazione per tanti gruppi stoner degli anni novanta, esce nel Luglio del 1970 ed è un concentrato di hard blues potente, torrido, selvaggio e saturo come nell’apertura ‘Parchman Farm’, cover di Mose Allison, nell’hard rock di ‘Let Me Swim’, ma soprattutto nei sei minuti della finale ‘Feel So Good’ dove la chitarra di McCarty è protagonista della prima parte mentre l’assolo di batteria di Appice la conduce verso l'infuocata jam del finale. I Cactus si stavano immettendo sulla via pesante dei Grand Funk Railroad, band americane che cercavano di portarsi alla pari della ben più numerosa flotta britannica che in quel momento aveva Black sabbath, Led Zeppelin e Deep Purple in prima fila come cannonieri principali.
Le radici blues della loro musica affondano la terra in ‘Bro. Bill’ guidata dall’armonica, nell’esplosiva ‘You Can Judge A Book By The Cover’ di Willie Dixon, in ‘No Need To Worry’ e nella terremotante ‘Oleo’ che alterna repentine scariche a lente ripartenze.
I Cactus sapevano anche ricamare solarità psichedelica come avviene in ‘My Lady From South Of Detroit’ che potrebbe sovrapporsi all’immagine di copertina e creare un tutt’uno lisergico perfetto.
Durarono ancora altri due (buoni) dischi (salvo la reunion in tempi recenti) dopodichè tutti troveranno la loro strada: Appice e Bogert si uniranno finalmente a Jeff Beck, McCarty sarà sempre un po’ sottovalutato e il povero Rusty Day, da qualche parte, perso nel deserto dell'universo, aspetta ancora giustizia.







Nessun commento:

Posta un commento