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giovedì 7 marzo 2019

RECENSIONE: TOWNES VAN ZANDT (Sky Blue)

TOWNES VAN ZANDT   Sky Blue (Fat Possum Records, 2019)





l'armadio aperto sul cielo
Qui non ci si sbaglia. Townes Van Zandt nel mezzo della sua esistenza nomade, era solito rifugiarsi ad Atlanta nella casa del giornalista Bill Hedgepeth, un musicista ma soprattutto grande amico. Ci andava con tutta la famiglia. Si chiudeva nello studio di registrazione sotterraneo di Hedgepeth e provava le canzoni che la sua vita, condotta sempre in corsia di sorpasso, gli aveva suggerito. Da solo, in acustico. Senza porre un ordine ben preciso ma lasciando andare a ruota libera l'ispirazione del momento. Un po’ come è sempre stata la sua carriera artistica: l’imperfezione il valore aggiunto. A quarantasei anni di distanza sono saltate fuori queste registrazioni straordinarie che, pur non aggiungendo nulla alla carriera, fermano e congelano il tempo a quei primi mesi del 1973.
Ci sono due inediti assoluti che sembrano mettere a confronto due lati della sua personalità : l'amara ‘All I Need’ dove i suoi desideri appaiono ancora incatenati e l’apparentemente più solare ‘Sky Blue’. Basterebbero queste due per fiondarsi dentro al disco. Ma soprattutto c’è la sua inconfondibile voce, lo straordinario fingerpicking sulla chitarra e le sue storie, molte delle quali stavano prendendo forma proprio in quel momento in un ambiente intimo, soffuso, notturno e casalingo. ‘Snake Song’, ‘Dream Spider’ e ‘Rex's Blues’ vedranno la luce su disco solamente anni dopo, anche a seguito del disco abortito Seven Come Eleven del 1972, segnale e vero preludio a una sequenza di anni bui, tristi e silenziosi con poca musica e tanti bassi esistenziali a fare da colonna sonora. Il rumore assordante di un tonfo.
Un lavoro sempre di sottrazione il suo, imperfetto, a tratti stonato, ma in grado di riempire gli spazi vuoti in maniera straordinaria, proprio come la polvere che copriva il suo Texas. Caposcuola stimato, rispettato e imitato. Quell’anno uscì con il disco The Late Great Townes Van Zandt che rimarrà l’ultimo per molti anni. Era il disco della saga di frontiera ‘Pancho And Lefty’ e di ‘Silver Ships Of Andilar’ qui presenti in versioni assolutamente inedite.


Aggiunte una manciata di cover come ‘Forever For Always For Certain’ di Richard Dobson, ‘Folk Of My Mind’ di Tom Paxton e la tradizionale murder ballad nera come il petrolio più sporco ‘Hills Of Roane County’, assolutamente in linea con il suo songwriting. I nastri presenti su Sky Blue come tantissimi altri ancora inediti furono donati da Hedgepeth a Jeanene, ultima compagna di Van Zandt, negli anni novanta e rimasti sigillati in un armadio fino ad oggi. Sky Blue con foto e note di copertina di John Lomax III, suo vecchio manager, è quindi il suggello di quel periodo d’oro, tra il 1968 e il 1973, il più prolifico della sua carriera, anni in cui alzò l'asticella del folk americano ad un’altezza raggiunta da pochi altri in seguito. Prolificità che non andò mai a braccetto con popolarità e successo ma Van Zandt visse ogni giorno come l'ultimo, raccontando la sua personale visuale dell' America, ma soprattutto l'influenza che questa terra ebbe nel suo oscuro quotidiano, capovolgendo la sua anima e ispirando la sua poesia, impressa su pagine tanto romantiche quanto tristi, come solo i più grandi sanno fare.
Oggi 7 Marzo, Townes Van Zandt avrebbe compiuto 75 anni.



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