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giovedì 1 novembre 2018

RECENSIONE: DAVID CROSBY (Here If You Listen)

DAVID CROSBY  Here If You Listen (2018)







music is love
“Questa è una delle migliori esperienze musicali della mia vita”, lo scrive nel libretto che accompagna il disco ma lo si potrebbe immaginare mentre te lo dice di persona lisciandosi i baffi e aggiustando il berretto di lana calato in testa, con lo sguardo fiero e gli occhi puntati sul futuro. Ascoltando il disco gli si crede pure, perché nei 45 minuti traspare un senso di leggerezza, freschezza e purezza che hanno il potere di avvolgenti come una buona e vecchia coperta nei momenti di gelo. La candida copertina conferma. È felice il vecchio Crosby, entusiasta di questo disco venuto quasi in dono grazie all’incontro sfociato in collaborazione con i tre giovani musicisti che questa volta si guadagnano pure il nome in copertina sotto quello di Croz dopo la collaborazione su Lighthouse del 2015: Becca Stevens, Michelle Willis e Michael League (Snarky Puppy). “Stavamo camminando verso lo studio di Mike League a Brooklyn con sole due canzoni finite per iniziare un nuovo disco con la Lighthouse Band… ” e poi? Poi è successo che Crosby si è lasciato coinvolgere dalla sfrontata gioventù dei suoi compagni di ventura: in un mese il disco era pronto.
“Queste tre persone sono così sorprendentemente talentuose, non ho letteralmente potuto resistere alla realizzazione di questo album con loro". Un amore vero.
Undici canzoni che continuano il discorso iniziato quattro anni fa con Croz, proseguito con Lighthouse e Sky Trails, una prolificità che non gli è mai appartenuta in carriera ma che ha trovato nelle collaborazioni una strada che a 77 anni pare non avere neppure una fine tanto vicina. Molti compagni di viaggio alla sua età stanno programmando dischi di commiato e tour di addio, il sopravvissuto (forse il segreto sta in questa parola) Crosby non ci pensa neppure e lavora con i giovani a cose nuove, anche se nelle ultime interviste ha pure lasciato le porte aperte a eventuali reunion con CSN & Y e Byrds. Lui è disponibile, lascia la palla ai meno convinti.

Con la Lighthouse Band vengono messe in risalto le armonie vocali anche a quattro voci come succedeva ai vecchi CSN più soft, canzoni di chitarre acustiche e pianoforte, delicate, eleganti, eteree, che sfiorano il jazz, a volte non c’è nemmeno bisogno delle parole come avviene nella vecchia ‘1967’, fatta rinascere da vecchi demo, così come ‘1974’, a volte manda qualche frecciatina ai potenti della terra (‘Other Half Rule’) e firma un appello a parole: "chiedere educatamente alle donne degli Stati Uniti d'America di salvare i nostri culi", nella frizzante ‘Vagrants Of Venice’ lancia un forte grido ecologista, in ‘Your Own Ride’ riflette sulla sua vita (ecco ritornare il sopravvissuto), c’è perfino una nuova versione con diverso arrangiamento di ‘Woodstock’ dell’amica Joni Mitchell (“la migliore” dice lui, riferendosi alla cantautrice che non se la sta passando troppo bene) . Riscrive il passato, vive il presente, mentre sicuramente scruta l’imminente futuro. All’orizzonte si intravedono già una collaborazione con Jason Isbell e un film sulla sua vita diretto da Cameron Crowe. Buona vita Croz!


 
 

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