CEK FRANCESCHETTI Blues Tricks (2018)
Finalmente ho tra le mani il nuovo disco del Cek (Andrea Franceschetti). Non che avessi bisogno di ulteriori conferme per dire che pochi in Italia indossano così bene gli abiti più sporchi e sdruciti del blues come sa fare lui, con estrema naturalezza e disinvoltura, ma Blues Tricks è un piccolo manuale del genere. Perché il Cek da New Orleans, ops...da Pisogne, Val Camonica, te li insegna anche i trucchi del blues ma non sperare di diventare come lui una volta assimilati, o li hai dentro per natura o sei destinato a rincorrere. E se chiacchierandoci insieme, ai complimenti replica dicendo che è solo “un ladro di galline” o al massimo “il re dei localini” ti dice la verità. Anche se vanta tour negli States. Va solo tutto moltiplicato per mille naturalmente e aggiungere un “migliore” prima. Tra un tris di vecchi blues rivisitati tra cui lo standard ‘44 Blues’ conosciuta nella versione di Howlin’ Wolf, ‘The Soul Of A Man’ di Blind Willie Johnson, ‘Mardi Gras in New Orleans’ di Professor Longhair e un traditional acustico che chiude il disco (‘Trouble In Mind’) piazza un poker di sue composizioni con la National sempre in primo piano (le elettriche ‘Woman in Blues’ e ‘Walk’, la marcia ‘Mountain Preacher’, la sbuffante ‘Snap Back’) tra cui una spettacolare ‘Hell’s Kitchen’ che si inchioda in testa, tra sangue e ruggine, al primo ascolto. Già un piccolo classico.
Dimenticavo la cosa più importante, va assolutamente visto dal vivo nelle sue tante varianti: one man band, in duo con Luk Habbott all’armonica, con la Cek Deluxe Band al gran completo (Pietro Maria Tisi, Mattia Bertolassi, più Carlo Poddighe). Assi di legno che scricchiolano sotto la sua scomposta silhouette che inizialmente potreste pure scambiare per il primo Willy Deville, sudore che cola, chitarre resofoniche, passione che scappa da ogni parte e un blues grezzo come pochi che scorre ora veloce, poi romantico tra le sue dita affusolate.
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