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lunedì 29 gennaio 2018

RECENSIONE: JOE PERRY (Sweetzerland Manifesto)



JOE PERRY     Sweetzerland Manifesto (Roman Records, 2018)





Il chitarrista manda Terry Reid e David Johansen in prima fila: un piacevole disco virato blues.

Se il primo disco solista di Steven Tyler, uscito due anni fa mi lasciò l’amaro in bocca, perso com’era in un country pop con poco mordente e da sbadiglio facile, con JOE PERRY si è sempre andati sul sicuro (più o meno) fin dal Joe Perry Project nei primi anni ottanta, passando dagli altri due album solisti JOE PERRY (2005) e HAVE GUITAR, WILL TRAVEL (2009). Una chitarra, imitata e che ha lasciato un segno. Basterebbe soffermarsi sui nomi dei cantanti che lo accompagnano in questa nuova avventura fuori dagli AEROSMITH per capire che qui si fa sul serio. Nulla per stupire ma abbastanza per accontentare i rocker duri e puri di vecchia data, orfani da ormai troppo tempo da un disco a nome Aerosmith che meriti. A proposito: ma il futuro della band di Boston qual è? C’è TERRY REID, una voce incredibile (nel bel blues ‘I’ll Do Happiness’ con Zak Starkey dietro le pelli, nella ritmata ‘Sick And Tired’, nel marziale hard rock dominato dalla chitarra ‘ Won’t Let Me Go’in chiusura del disco) personaggio corteggiato dai più grandi gruppi hard rock degli anni settanta ma che ha sempre preferito una carriera defilata, ai margini del rock system. C’è DAVID JOHANSEN (New York Dolls) che non ha bisogno di troppe presentazioni e gioca bene le sue carte da trasformista: fa il crooner nell’acustica ‘I Wanna Roll’, mentre nei canonici Chicago blues ‘Haberdasher Blues’ e ‘I’m Going Crazy’ si trasforma in un vecchio blues man cimentandosi anche all’armonica. Infine ROBIN ZANDER (Cheap Trick) nella traccia più scatenata e divertente del disco, un rock’n’roll ad alto voltaggio ‘Aye, Aye, Aye’ che rimanda agli Aerosmith anni settanta. Rimangono una poco convincente cover di ‘Eve Of Destruction’  portata al successo da Barry Mcguire e cantata dallo stesso Joe Perry con JOHNNY DEPP alla batteria, già compagno di band nei Hollywood Vampires insieme ad Alice Cooper, e le due strumentali (poco riuscite pure queste per la verità) dai forti sapori esotici: l’apertura afro tribale affidata a ‘Rumble In The Jungle’ e la più moderna ‘Spanish Sushi’ carica di synth che trova riuniti anche i due figli di Perry, Tony e Roman. Insomma, quando si va sul sicuro con i cantanti davanti il disco viaggia che è un piacere. E dire che era nato per essere un disco di sole canzoni strumentali…




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