1986: Stephen “Haggis” Harris (o Kid Chaos, scegliete voi) sta suonando il basso nel tour dei The Cult, dopo aver militato in svariate formazioni tra cui quella di Zodiac Mindwarp. La band di Ian Astbury e Billy Duffy è al top della fama, è appena uscito ELECTRIC, nel 1989 pubblicherà SONIC TEMPLE. Solo un pazzo lascerebbe una band del genere in quel momento. Ecco, quel fuori di testa è proprio Haggis. Al gallese emigrato a Los Angeles in cerca di fortuna, il ruolo di semplice comprimario va stretto, vuole una band tutta sua. "Senza di me stanno sicuramente meglio, almeno dal punto di vista finanziario, visto che non c'è più nessuno che sfascia lo stage ad ogni spettacolo" dirà della sua fuoriuscita dai The Cult. In soccorso arriva Rick Rubin, il re mida dei produttori, (produttore di Electric) che gli presenta un poco raccomandabile cantante italo americano, il suo nome è Frank C. Starr, il suo idolo è Bon Scott e ha la fama di attaccabrighe. Si narra che al primo incontro Starr si presentò con le mani sporche di sangue: si azzuffò fuori dallo studio di registrazione per trovare parcheggio (altre leggende dicono che pure Axl Rose uscì malconcio da una scazzottata con lui).
A completare la formazione: un tal Ken Montgomery, sopranominato “Dimwit” e fratello di Chuck Biscuits, batterista di Danzig ("aveva capelli unti, pochi denti e un osceno tattoo dei Black Sabbath su un braccio. Gli ho chiesto 'suoni?' e lui ha risposto: 'Sì, le pentole’” racconta Haggis in una vecchia intervista); alla seconda chitarra Dave Lizmi, fino ad allora conosciuto più alle famiglie a cui consegnava le pizze a domicilio; al basso Ben Pape ex Scream, band da cui uscì Dave Grohl prima di entrare nei Nirvana.
THE FOUR HORSEMEN è anche il titolo del primo EP, formato da sole quattro canzoni: ‘Welfare Boogie’, ‘Shelly’, ‘Highschool Rock n Roller’, Hard Lovin’ Man’. Nulla di originale, tanto che gli stessi membri del gruppo non nascosero le varie influenze, i ganci e i rimandi presenti (AC/DC e Status Quo su tutti). Ma se nel rock conta anche l’attitudine, i THE FOUR HORSEMEN ne avevano da vendere: il loro sporco southern rock sposava i riff hard blues degli AC/DC (“eravamo dei grossi fan degli AC/DC”), si invaghiva del polveroso boogie alla ZZ Top e flirtava appassionatamente con lo stile di vita “sex, drugs and rock’n’roll”. Insomma ce la mettevano tutta per essere irriverenti, sfrontati ma fottutamente veri, e la cosa riusciva loro molto bene.
"Siamo punk nello spirito, non nel tipo di musica. Gli anni settanta sono stati veramente grandi, mi piace sperare che possano tornare" Haggis. Una carriera che sembra prendere il volo con la registrazione del primo album NOBODY SAID IT WAS EASY (1991) trainato ironicamente dal manifesto ‘Rockin’ Is Ma’ Business’ (che poi il business andasse bene era tutta un’altra storia, ma poco importa), ‘Tired Wings’, ‘Wanted Man’(una sorta di autobiografia del cantante Frank Starr) e l’atipica ‘Moonshine’ con la voce di Starr registrata via telefono.
“La mie giornate sono intense (riparo auto, corro sui dragster, giro in moto e gioco a biliardo) e mi rifiuto di pianificarle attorno alla registrazione di un album. Mi avevano detto che avevo finito e io me ne sono tornato a casa. La canzone gliel’ho cantata al telefono.” Un album registrato in due settimane con Rick Rubin come produttore anche se “Rick non ha avuto alcun input nel disco, ci abbiamo messo talmente poco che non gli sarebbe stato possibile”. In mezzo ci sono importanti tour insieme a leggende come i Lynyrd Skynyrd e gli allora ancora poco conosciuti Black Crowes. “Non abbiamo smesso un momento dall’agosto 1991. 8 settimane con i Black Crowes, 7 con i Lynyrd Skynyrd, 4 con Joan Jett e 6 da soli. Lavoriamo sempre. Con i Lynyrd Skynyrd ci siamo veramente divertiti e, pare che l’apprezzamento sia stato reciproco”.
Oltre ad avere attitudine da vendere, i The Four Horsemen vendettero anche l’anima al diavolo. Dopo il primo disco, nel 1994, il batterista Dimwit morì per overdose, mentre il cantante Starr lasciò questa terra dopo un incidente motociclistico con i conseguenti anni di coma (tanti) nel 1999. La classica (anti) rockstar vittima dei suoi eccessi.
Intanto, tra una uscita di galera e l’altra di Starr, nel 1996 era uscito il secondo disco GETTIN’ PRETTY GOOD AT BARELY GETTIN’ BY (1996) dagli umori sudisti più marcati che aveva nella cover ‘Still Alive And Well’ di Rick Derringer e Johnny Winter il punto di forza. In mezzo: DAYLIGHT AGAIN, disco perduto con i soli Haggis e Lizmi al timone, registrato nel 1994 e rimesso in commercio solo nel 2009. Tutto molto rock’n’roll! Tutto troppo breve...
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