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mercoledì 22 febbraio 2017

RECENSIONE: TINARIWEN (Elwan)

 TINARIWEN  Elwan (Wedge Records, 2017)







Chi è stato almeno per una volta nell' Africa sahariana e ha avuto modo di percorrere alcune strade lontane dai centri turistici, ha trovato un mondo al rallentatore, fatto di persone che camminano, apparentemente senza meta, lungo infinite strade polverose e altre, ferme a gruppetti ai bordi di queste strade ad aspettare non si sa chi o cosa. Qualcosa di inconcepibile nella nostra assurda frenesia giornaliera. È qui che pensi : "a volte ci sarebbe bisogno di un lungo passo indietro". E di passi indietro, i Tinariwen continuano a farne, tanto che, per assurdo, sembrano essere ancora una volta lì, davanti a tutti, a tirare la fila, come appare chiaro nello splendido scatto di copertina.
La musica della band, originaria del Mali, non è più la sorpresa di alcuni dischi fa (di quando venivano chiamati guerriglieri con le chitarre), eppure l’ascolto di ogni nuovo lavoro libera sabbia ricca di purezza e magia, pur contenendo ancora messaggi forti e chiari dove luoghi (‘Tenere Taqqal’), fede, appartenenza (i Tuareg hanno vita difficile in Mali), unità (‘Ittus’) ma anche la libertà delle donne (‘Assawt’) sono gettati in pasto alle nostre orecchie occidentali senza troppi filtri, anche se un velo di nostalgia sembra affiorare sempre più frequentemente. Al resto ci pensano l’ipnotico ritmo delle canzoni, un blues costruito su un suono di chitarra unico, un groove circolare, continuo e trascinante, e i cantilenanti testi in lingua madre (Tamasheq) che in concerto diventano pura droga in grado di rapire, stordire. Mandarti al tappeto. Da provare almeno una volta nella vita. Una delle esperienze live più lisergiche a cui ho assistito.

Anche ELWAN (elefanti) è stato registrato tra i deserti californiani di Joshua Tree (Rancho De La Luna), la Francia, e il Marocco, tenendo fede alla loro natura nomade e ancora una volta i tanti ospiti sembrano inghiottiti e calati perfettamente tra i deserti africani. Vi sfido a trovare le tracce di Mark Lanegan, Kurt Vile, Matt Sweeney e Alain Johannes (QOTSA). Felicemente inghiottiti come chi ascolta.






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