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martedì 17 novembre 2015

RECENSIONE: NEIL YOUNG (Bluenote Cafè)


NEIL YOUNG AND THE BLUENOTE CAFE’  Bluenote Cafè (Reprise, 2015)



La storia che si cela dietro a Bluenote Cafè, undicesimo capitolo degli archivi, riassume in tutto e per tutto i travagliati, ma sempre da riscoprire, anni ottanta di Neil Young. Questo doppio live, contenente numerose tracce mai pubblicate prima in nessun disco (tra cui Welcome To The Big Room, Doghouse, Bad News Comes To Town, Crime Of The Heart) sarebbe dovuto uscire esattamente quando fu registrato: dopo le numerose tappe del tour a supporto di This Note's For You (1988), tra novembre del 1987 e l'agosto del 1988. Il progetto era già a buon punto, poi tutto naufragò come spesso è successo nella sua carriera. "C'era un cambiamento in arrivo. Lo percepivo nelle ossa. Ero in tour con i Crazy Horse in America e suonavamo su palchi all'aperto in posti denominati Sheds, rimesse, luoghi da concerto molto in voga all'epoca. La prima parte della performance era acustica, poi diventava elettrica, ma nella parte centrale c'era una sezione di nuova musica che, in privato chiamavo Blue Horse...Nell'autunno del 1987 i Blue Horse-questo era il nome che usavamo fra di noi-furono presentati per la prima volta come The Bluenotes. Avevamo una sezione fiati molto funky e soul che mi era stata portata da Billy Talbot". Così Neil Young, in Special Deluxe (fresco di stampa qui in Italia), presenta la genesi che porterà all'incisione del disco live, poi messo da parte ("troppo bello per essere pubblicato", fu la finta scusa) appena la Geffen ritirò la causa contro Neil Young-non stava facendo dischi alla Neil Young gli fu accusato-lasciandolo libero di tornare alla Reprise e incidere un nuovo disco in studio che sarà appunto This Note's For You, album che, ancora una volta, segnerà un netto cambio di direzione musicale, esattamente come lo furono i precedenti Trans (1982), Everybody's Rockin' (1983), Old Ways (1985), Landing On Water (1986) e Life (1987).
This Note's For You pur presentando un Neil Young ancora una volta inedito, completamente immerso nel soul e nel blues, sulle vie tracciate dai suoi eroi blues con Jimmy Reed in testa, addirittura trasformato in una sorta di nuovo personaggio, tale Shakey Deal estrapolato da un ipotetico film girato nella sua testa e che mai vide lo schermo. This Note's For You ebbe il merito di riportarlo sulla retta via della musica sanguigna e calda, lontana dalla freddezza di shynth e vocoder, e dai dischi costruiti per ripicca e di getto, nonostante tra i maggiori pregi spicchi proprio la spontaneità. Anche se non tutto quadrava ancora per il meglio, Neil Young è in una fase creativa fruttuosa che lo consegnerà agli anni novanta in grandissima forma. Come già successe per Old Ways che venne rivalutato molti anni dopo grazie alle performance live contenute in A Treasure (2011), anche qui tutto ciò che su disco sembrava non andare (le accuse maggiori furono quelle di essere troppo levigato e poco rock) durante i live acquistava forza e vigore e la chitarra di Young graffia, affonda e allunga come ai vecchi tempi, pur se attorno si trova una schiera di trombe, tromboni, sax e non i fidi Crazy Horse, che in verità, inizialmente, dovevano essere della partita. Rimarrà solo Sampedro alle tastiere.
"Avevo anche dei problemi con i ragazzi dei Crazy Horse, Billy e Ralph. Li adoro, ma non funzionava o forse sì, ma non riuscivo a rendermene conto. Forse non capivo. Per una qualche ragione la band non girava, così iniziai a rimescolarla un po'..."
I sette minuti della cavalcata Crime In The City, e This Note's For You, un ironico attacco agli sponsor commerciali che, grazie al videoclip, trovò prima la censura di Mtv e poi il trionfo (portato dalla stessa Mtv), sono l'esempio più vigoroso e rock. Mentre il testo di Ten Men Workin' è il manifesto programmatico dei Bluenotes (sei fiati più Rick Rosas al basso, Chad Cromwell alla batteria e Frank Sampedro alle tastiere), Life In The City è un triste dipinto del degrado americano e un megafono per tutti i senzatetto delle grandi città. Il ripescaggio e il rivestimento soul della vecchia On The Way Home (Buffalo Springfield) e della vecchissima Hello Lonely Woman, risalente addirittura ai tempi degli Squires, primo gruppo del canadese, sono ottimi. e lasciano il segno. Neil Young e la sua big band sono un fiume inarrestabile: nella ballata di dodici minuti  Ordinary People, canzone che vedrà la luce solamente in Chrome Dreams II dove si  allungherà arrivando a toccare i diciotto minuti, nella notturna, jazzata e vanmorrisoniana One Thing, nell'ipnoticità oscura di Twilight, ma soprattutto nei venti minuti finali di Tonight's The Night che raggiunge vette epiche, unica vera concessione ai suoi grandi successi del passato e biglietto da visita che pochi possono concedersi. Peccato sia l'unico pezzo storico che ha goduto di questo rivestimento R&B.
"Fu un gran periodo, con la musica che scorreva e la big band che suonava ogni sera".
Io non posso che ripetere: è un gran disco, con la musica che scorre e la big band che suona alla grande. Il periodo è tutto da rivalutare e queste 24 canzoni ci aiutano a farlo, senza sforzi e in modo piacevole. Gli archivi continuano a confermarsi uno scrigno d'oro. Senza fondo.
voto 8

tutte le parole di Neil Young sono trattie da: Neil Young, Special Deluxe-Racconti di vita e di automobili (Feltrinelli, 2015)





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