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venerdì 8 maggio 2015

RECENSIONE: WILLIAM ELLIOTT WHITMORE (Radium Death)

WILLIAM  ELLIOTT WHITMORE Radium Death (ANTI)


Il giovane vecchio
I tatuaggi nascosti sotto la camicia tradiscono la gioventù passata ascoltando i dischi dei Minor Threat e i trascorsi musicali suonando in una punk rock band; lo scenario sul retro è, invece, un dipinto rurale che ritrae trattori, fattorie e i campi arati del suo Iowa.
Mai come in questo ottavo disco le due anime del trentasettenne folksinger si sono mescolate così bene: la voce allenata con i vecchi dischi di Leadbelly posati sul giradischi è sempre una lama che raschia sul vetro, sia quando le chitarre elettriche ed una full band si prendono la scena (Healing To Do, Don’t Strike Me Down), sia quando lo scarno folk blues tenuto in piedi da soli banjo e chitarra acustica riportano alle atmosfere agresti dei precedenti dischi (Have Mercy, Civilizations). Whitmore si conferma tra i più credibili narratori americani dei nostri tempi: la vicenda delle povere operaie morte intossicate a Orange (New Jersey) conosciute come “radium girls” diventa lo spunto per costruire un sorta di concept album su una delle più grandi menzogne umane della storia del Novecento.

Enzo Curelli,
7 da Classic Rock #30 (Maggio 2015)

vedi anche
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