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lunedì 12 gennaio 2015

RECENSIONE: STEFANO GALLI (Focus)

STEFANO GALLI   Focus (autoproduzione, 2014)



Stefano Galli fa nuovamente centro. E' passato un solo anno dal debutto Play It Loud!, ma l'esigenza di rimettersi in gioco era tanta e l'assenza di quel "band" dopo il nome presumo voglia testimoniare solamente quanto "di suo" ha riversato in queste personali dieci canzoni. La formazione infatti è la stessa del debutto: Roberto Aiolfi al basso, Marco Sacchitella alla batteria e Francesco Chebat alle tastiere. Un lavoro apparentemente più omogeneo sulla carta e nei credits, una sola cover (il classico soul Bring It On Home To Me di Sam Cooke) ma ancora con la varietà musicale che lo contraddistinse un solo anno fa. Registrato in quattro diverse e suggestive location, catturando il suono vero e diretto all'interno di mura e soffitti differenti: la ex Chiesa di Santo Spirito e il Teatro Circolo Fratellanza di Casnigo, le Officine meccaniche P.D.F. di Bergamo e la sua, meno suggestiva-penso-ma accomodante casa e in parte mixato a New York da Marc Ursilli (Lou Reed, Faith No More), Focus è un disco piacevolissimo dalla prima all'ultimissima nota, dove la chitarra è sempre ben presente senza invadere troppo la struttura generale delle canzoni, testimonianza della sua buona penna compositiva. Gli eleganti ricami chitarristici alla J.J.Cale/Eric Clapton (o Mark Knopfler se siete arrivati dopo) di Lonely Day, il tiro hard blues dell'iniziale Jealous giocata bene sulle tastiere '70 di Francesco Chebat, l'arpeggio lieve dell'attestato d'amore che esce da If I Lived (con la voce della piccola figlia nel finale) e da Catherine, la corsa strumentale del blues Funny Slide,  il funk di Price, la divertita I Can't Stand You Anymore, la jazzata Vesta Light. Tutte a mettere ulteriormente in mostra l'ecclettismo musicale di Galli. Due dischi: due centri su due. Ottima mira.




vedi anche


RECENSIONE: STEFANO GALLI BAND-Play It Loud (2013)












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