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lunedì 22 settembre 2014

RECENSIONE: CHEAP WINE (Beggar Town)

CHEAP WINE   Beggar Town  (CheapWine Records/IRD, 2014)



Mentre stavo scartando il pacco appena arrivato, contenente questa nuova preziosa opera dei pesaresi Cheap Wine (e con l'aggettivo "preziosa" mi sono già bruciato la valutazione finale), Marco Diamantini, cantante e autore dei testi del gruppo, sulla sua bacheca facebook postava la copertina del disco con questa frase promozionale di contorno: "lo so che alla Apple e gli U2 fanno diversamente. Ma noi siamo all'antica. Noi siamo dinosauri. E, soprattutto, siamo mendicanti". C'è chi ha avuto le nuove undici, fredde, gelide-e pure bruttine- canzoni del gruppo irlandese sull'iPod "a sua insaputa" e chi queste avvolgenti dodici canzoni nello stereo, impacchettate con la cura di sempre dentro ad una confezione curatissima con testi in inglese e relative traduzioni in italiano, e artwork (splendido, non trovate?) a firma dell'artista Serena Riglietti come nel precedente Based On Lies . Mi sento fortunato, un po' dinosauro e mendicante anch'io: gli U2 (onore al passato) li ho scaricati al primo ascolto-nel senso più dispregiativo del termine-i Cheap Wine li ho salvati alla  prima, anche se loro stessi dicevano che era difficile entrare in sintonia con l'album al primo ascolto. Niente di più sbagliato. Ho amato queste canzoni da subito, perché hanno la forza di catturare e portarti lontano, immediatamente. Non hanno date di scadenza e la pretesa di arrivare subito, la sintonia nasce da qui, dal sapere che dovrai dare loro un po' del tuo tempo per venire ripagato adeguatamente. Se non è oggi sarà domani, ma sai che dovrai ripassarci. C'è tanto lavoro, passione e vita dietro. Si percepiscono.
Cose che non possono sfuggire al primo ascolto. Gli altri ascolti serviranno a cercare i particolari-e sono tanti, ve lo assicuro-capire i testi, mettere insieme i pezzi del concept. "Beggar Town è un disco ambizioso, scorbutico, anarchico, ribelle. Che non tiene conto di nulla, se non della nostra anima e dei nostri umori". Raccontano loro.
Il precedente Based On Lies era un' impietosa e pessimistica istantanea della realtà costruita sulle menzogne, questo è un manuale di resistenza ma anche  soprattutto di fuga dal passato nero e dalla grigia quotidianità, fuga che a volte va a compimento trovando le giuste vie di scampo (la corale positività di Your Time Is Right Now con la sua lunga coda finale), altre no e la metafora del mare come via alternativa fa spesso capolino ("Tempo fa, tutto il mare era calmo e silenzioso, quando navigavo, la notte era illuminata dal faro" nella ondigava  Lifeboat). L'importante è provarci. Sempre. Disco intenso, a tratti rarefatto, compatto e notturno dove le tastiere di Alessio Raffaelli tessono bene la tela, le belle chitarre di Michele Diamantini irrompono, pungono e allungano spesso, come nell'apertura Fog On the Highway. L'incrocio tra tastiere e chitarre caratterizza l'intera opera. Muddy Hopes ha il passo che mi ricorda l'ultimo Leonard Cohen di Old Ideas, la voce di  M. Diamantini sussurra in sordina, i tempi diventano lenti e quasi jazzati con le chitarre che vanno nuovamente a riprendersi il crescendo finale, diversamente dallo straniante up tempo chitarristico di Beggar Town. Qui è tutta una fuga.
In Claim The Sun la voce di Diamantini si fa ancora più intensa, una ballata amara e coinvolgente, esortazione a lasciarsi indietro il passato. Rinascere. Tra le migliori.("Sono Tempi duri, ma saprò resistere. Tu sei il girasole sbocciato nella sabbia. Ora risvegliati e pretendi il sole. Ora risvegliati e trova la forza per cancellare tutto il grigio e per scoprire un colore nuovo, ogni giorno").
Keep On Playing è la prova di squadra perfetta: diciotto anni di attività e dieci album incisi sono un traguardo non da poco per una band che non ha mai ceduto ai "grossi e loschi affari" pur avendo tutte le carte-nazionali e internazionali- in regola, preferendo la tortuosa ma sempre appagante strada dell'indipendenza tout court. Con l'irruenza del passato messa da parte ma non abbandonata del tutto (con pazienza: il finale sta per arrivare), ora a prevalere è una coesione fatta di tante sfumature, macchina "umana" perfetta con pochissimi eguali in Italia, costruita di album in album, di concerto in concerto, di sacrificio in sacrificio. Una continua progressione che si nota se mettete in fila i loro album, dal debutto del 1997 fino ad oggi. Le tastiere in primo piano e la sezione ritmica formata da Alan Giannini alla batteria e Alessandro Grazioli al basso sono lezione da imparare in Keep On Playing. Quasi progressive nel suo procedere.
Utrillo'Wine è un'altra ballata pianistica, una mini opera che mi ricorda certe cose di Bill Fay, e ci presenta un episodio tragicomico pescato dalla bizzarra vita di un personaggio realmente esistito: Maurice Utrillo, pittore francese nato a fine '800, compagno di sbronze e fedele amico di Amedeo Modigliani, caduto in disgrazia, vittima di disturbi psichici e alcolismo. Le sue opere verranno rivalutate solamente dopo la morte.
Destination Nowhere, è un blues rock funkeggiante che tira la volata finale, caratterizzata dall'innalzamento della tensione: Black Man è il primo vero scatto rock del disco, questa volta sono le chitarre a condurre il gioco (Michele Diamantini sale in cattedra) mentre il pianoforte insegue e bene: c'è una la voce maledetta che vuole farti sbagliare strada portandoti tra la  perdizione, ma quando non hai più nulla da perdere vedi e punti i nemici con più acume.
I Am The Scar segue a ruota e ne è la degna continuazione. Sono i tempi della rivincita, e poco importa come si concretizzerà: "vagavo da solo, tenevo il mio fucile in vista. Verrò a prendervi tutti. Vi ammazzerò uno alla volta. Dicevate che ero fuori di testa. Adesso sapete che avevate ragione. Mi avete ridotto alla fame".
The Fairy Has Your Wings (For Valeria) si stacca da tutto e chiude con accorata grazia ricordando un'amica che non c'è più. Miglior finale non poteva esserci.
Prezioso. L'ho già detto?

in uscita il 4 Ottobre





vedi anche RECENSIONE: CHEAP WINE-Based On Lies (2012)
RECENSIONE & INTERVISTA : MATT WALDON-Learn To Love (2014)
RECENSIONE & INTERVISTA: GUY LITTELL-Whipping The Devil back (2014)
RECENSIONE: MALCOLM HOLCOMBE-Pitiful Blues (2014)
RECENSIONE: CORY BRANAN-No-Hit Wonder (2014)



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