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giovedì 11 aprile 2013

RECENSIONE:TEX MEX (The Best Has Yet To Come)

TEX MEX  The Best Has Yet To Come (autoproduzione, 2013)

Appena parte The Swamp, la prima cosa che balza all'orecchio e poi rimbalza all'occhio è "l'apparente" asincronia tra il calore epicamente tambureggiante di una batteria e l'entrata dell 'armonica con la bianca, asettica e anonima copertina con il nome del gruppo stampato quasi fosse il marchio di una azienda meccanica-magari in crisi- del loro estremo nord est. Singolare. Eppure: credo non ci sia miglior colore e sobrietà per rappresentare l'enorme parco cromatico musicale e d' esperienza che il debutto thebesthasyettocome dei triestini Tex Mex riesce a mettere in campo lungo le ardenti 12 canzoni. Altre tipologie di copertina, altri colori sarebbero stati limitanti...e meno sorprendenti.
Pur formatasi solamente nel 2010, la band è un concentrato di esperienza ad altissimi livelli. Nati dalle ceneri dei Blue Roots, trio formato da due esuli W.I.N.D. insieme al bassista e cantante Frank Get (nel suo curriculum un lungo elenco di collaborazioni internazionali come turnista e fonico, più un disco solista Hard Blues-2010), dopo vari cambi di formazione si è arrivati all'assetto odierno che comprende oltre a Frank Get, anche Matteo "Zekka" Zecchini alle chitarre, Marco "Skiantini" Beccari all'armonica e Sandro Bencich alla batteria in sostituzione di  Dario "Doppio"Vatovac, batterista presente su gran parte delle tracce ma purtroppo scomparso recentemente a cui il disco è stato giustamente dedicato, in particolar modo la bella e riuscitissima interpretazione acustica della springsteeniana No Surrender, unica cover dell'album e posta in chiusura come ricordo e saluto per un amico che non c'è più. No Surrender è diventata anche un bel video e le parole del suo testo dicono tutto: "Adesso giovani facce diventano tristi e vecchie/e cuori in fiamme si raffreddano/noi giurammo fratelli di sangue contro il vento/sono pronto a ritornare di nuovo giovane/e ascoltare la voce di tua sorella/che ci chiama a casa attraverso i campi aperti/credo che possiamo ritagliarci/un posto tutto nostro/con questa batteria e queste chitarre".
Il disco prende forma sopra i palchi dei loro numerosi concerti e si sente, tanto da essere registrato durante due sessions di studio per non disperdere la vera natura "genuina" del gruppo: tutto l'amore per le jam band '70, dove southern rock, blues e soul (The Secret) si univano, canzoni che non hanno mai la fretta di guardare l'orologio; mentre su disco si fanno bastare cinque minuti, durante i live possono trasformarsi e allungarsi a piacimento senza risentirne.
I sapori sono quelli del sud degli States, quelli delle soluzioni più ardite e anticonvenzionali di gruppi come The Marshall Tucker Band, di band totalitarie e poco etichettabili come i Little Feat, della solidità rock/blues dei Gov't Mule, il calore è dato dalle background vocals femminili ben presenti e avvolgenti (Elisa Bombacigno, Elisa Maiellaro), il ritmo è affidato ad una sezione ritmica pulsante e grintosa (l'hard/blues You Don't Know). A questo punto, dopo aver ascoltato anche gli ultimi lavori dei corregionali W.I.N.D. e Rusted Pearls & The Fancy Free, il dubbio che a Trieste e dintorni ci sia un'aria particolarmente simile a quella che si respira in certi territori americani "di confine", mi assale. "Trieste is rock!" dice qualcuno. Vero. Ne sono ancor più convinto quando partono le chitarre pregne di umori sudisti in Playin' With My Mind, la splendida Straight On che si staglia tra le rocce per poi tuffarsi nelle stesse acque verdi salmastre da dove emergevano i corpi nudi dei fratelli Allman, le atmosfere da saloon "ancora sveglio alle quattro di mattina" nell' honky tonk boogie Hot Aliens Afternoon, buon esercizio per pianoforte da parte del presentissimo Giovanni "Staxx" Vianelli , ma anche le derive cantautorali soul, che ricordano Van Morrison, di Don't Let Me Down e di Good Times, particolarmente vicina anche al John Hiatt più paludosamente soul con il sax di  James Thompson ottimamente vivace e ficcante. Tutti colori che, se uniti insieme, formano quel candido bianco della copertina, sinonimo di purezza e passione musicale che all'estremo nord-est della nostra penisola è più presente che mai. Diminueranno le aziende, ma il gioco dell'equazione sembra far aumentare la buona musica.



vedi anche RECENSIONE: RUSTED PEARLS & THE FANCY FREE-Roadsigns (2012)



vedi anche RECENSIONE: W.I.N.D.- Temporary Happiness (2013)




vedi anche RECENSIONE: STEFANO GALLI BAND-Play It Loud! (2013)




vedi anche RECENSIONE: MOJO FILTER-The Roadkill Songs (2013)





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