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venerdì 20 luglio 2012

RECENSIONE/REPORTAGE live: LENNY KRAVITZ/TROMBONE SHORTY live@Dieci Giorni Suonati-Vigevano, 19 Luglio 2012

Ma cosa vai a vedere? Lenny Kravitz? Chiese l'uomo alla donna un po' sciantosa sulla cinquantina, in fila davanti al bancone del negozio di dischi, mentre si era appena fatta stampare i due biglietti per il concerto di Vigevano e attendeva per pagare. Lui dallo scaffale aveva appena sfilato le sue copie dei Gov't Mule e Dave Matthews Band ed orgoglioso e con fare saputo e saccente sbatteva i suoi cd sul bancone: io voglio questi!
Io osservavo. Cazzo, quella donna potrei essere io, però potrei essere anche l'uomo stile "alta fedeltà". Il che, un po' mi consolava. Poco.  
Girare per Vigevano prima di assistere a qualche concerto del festival Dieci Giorni Suonati è sempre una meraviglia. Credo che il signor Claudio Trotta abbia veramente azzeccato la location ideale e a misura d'uomo. Mentre a Milano si scannano tra un'arena ed un ippodromo,qui a Vigevano ci sono un centro storico ed un castello che aspettano solo di essere animati dai vari artisti che si succedono di sera in sera. Del catrame e cemento della fiera di Rho è meglio non parlare, mentre parlerei volentieri di Justine Mattera e Jane Alexander che si aggirano in zona merchandising.
Se la location non è più una sorpresa ma una conferma, Trombone Shorty che alle 20 e 45-puntualissimo-è salito sul palco, è una sorpresa fulminante. Troy Andrews, questo è il suo vero nome, con la sua band è un treno in corsa che da New Orleans si catapulta sul pubblico di Lenny Kravitz, lui che per Dave Matthews ha anche aperto i concerti. C'è ancora il signore al negozio di dischi? Si? Ditegli anche che nell'ultimo disco del polistrumentista della Louisiana, For True, ci ha suonato anche Warren Hayes dei Gov't Mule.
Basso, chitarra, batteria e tre fiati che mantengono tiro ed intensità devastanti per una buona mezz'ora. Blues, rock, soul, funk, difficile etichettare la musica di Trombone Shorty: il Lenny Kravitz del trombone. Affascinante e carismatico, guida la sua band fino al finale, quando i musicisti si scambiano gli strumenti tra loro e nessuno sembra accorgersene. Lo voglio rivedere. Mentre le zanzare, fedeli domiciliate a Vigevano, fanno anche loro la comparsata di mezz'ora per poi sparire per il resto della serata, tutto è pronto per "lenny kranivitz" come lo nominavano nel 1994 i Nailbomb di Max Cavalera (Sepultura) mandandolo a quel paese poco amichevolmente. Chi l'avrebbe mai detto che Cavalera avesse le stesse idee del signore per bene del negozio. A proposito: é ancora lì?
Prima di assistere a questo concerto mi ero documentato sulle setlist di Lenny Kravitz, scoprendo che si poteva parlare-molto più economicamente- di una sola setlist ripetuta ad oltranza. Questa sera, è stata sempre quella. Nessuna sorpresa, anche se una Sister ci poteva stare.
Inizio con Come On Get It dal suo ultimo album Black and White America(2011) e chiusura con una versione allungata di Let Love Rule, dal suo primo disco del 1989 (da cui prenderà anche Mr. Cab Driver). Mentre la band allunga, lui si aggira sotto il palco tra la gente, salutando e abbracciando tutti. Le macchine fotografiche di sesso femminile vanno in tilt. Questo bagno tra la folla sarà sempre un rituale identico nel tempo, ma non è da tutti.
In mezzo, forse recitando un copione che ammette poche intrusioni e cambiamenti, passano tutte le canzoni da "greatest hits" ( American Woman, Fly Away, Stand By my Woman) più qualche estratto dell'ultimo album: il soul autobiografico di Black and White America-un pugno alla segregazione razziale-, la super gigiona Stand ed il rock di Rockstar City Life. Il fedelissimo chitarrista Craig Ross continua a non perdere un capello e scenograficamente fa il suo dovere,così come il martellatore Frank Vanderbilt alla batteria. C'è spazio anche per la sezione fiati a tre e per Trombone Shorty che nel finale si materializza sul palco. Una band "boombastica".
Fields of Joy (su disco c'era anche l'assolo di Slash, ricordate? In quel periodo lasciava assoli-inpercettibili- un po' dappertutto, anche sui dischi di Dylan), It's Ain't Over 'til It's OverAlways on the Run mi riportano indietro al 1991 quando il buon Lenny veniva salutato come la nuova stella del rock americano, un po' derivativo nel suo atteggiarsi a nuovo Hendrix/Lennon ma con tutte le carte ancora da scoprire ed il buon intuito del giocare "vintage" prima di tanti altri. Per qualcuno il vero Kravitz si è fermato lì. Per me ha fatto ancora un passo verso Are You Gonna Go My Way e Believe. Poi le sue carte le ha giocate male-o bene a seconda dei casi- al bar delle rockstar, tra presunti plagi, (tante)donne, lustrini d'alta moda e concessioni commerciali superiori a quelle che già prometteva. I rocker lo abbandonano in fretta e lui intanto perde freschezza ed ispirazione. Il pubblico cambia velocemente ma rimane caloroso ed eterogeneo, in prevalenza femminile, naturalmente. Proprio come stasera.
Il signore al negozio di dischi sogghigna.Stasera ha passato una serata triste e monotona al bar del paese tra un karaoke ed una briscola, sognado il bar delle rockstar. La folla del Castello Sforzesco si è divertita molto, io con loro.
Sei veramente andato a vedere Lenny Kravitz? Si,e non è nemmeno la prima volta. Sai cosa ti dico, anche? Che mi sono divertito, e non è la prima volta. E' solo la seconda, comunque. Domani al bar del paese mi chiederanno questo. Scommettiamo?
SCALETTA/SETLIST: Come On Get It/  Always on the Run /American Woman/  It Ain't Over 'Til It's Over/ Mr. Cab Driver/ Black And White America/  Fields of Joy /Stand By My Woman /Believe/ Stand/ 
Rock Star City Life/ Where Are We Runnin'?/ Fly Away/ Are You Gonna Go My Way/ Let Love Rule
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