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martedì 28 dicembre 2010
RECENSIONE: ELLIOTT MURPHY- Elliott Murphy
ELLIOTT MURPHY- Elliott Murphy (Blue Rose Records, 2010)
Elliott Murphy è un onesto cantastorie del rock che alla pari di altri grandi songwriters americani, mi vengono in mente personaggi come Willie Nile e Alejandro Escovedo, per fare solo due nomi, ha sempre lavorato dalla parte opposta del successo, vuoi per sfortuna o per precisa scelta personale e artistica, non venendo mai a mancare, però, per caratteristiche di qualità.
Presentato e sbandierato, negli anni settanta, come il nuovo Dylan (ma chi non lo era in quegli anni, quando il menestrello di Duluth sembrava vivere in netto calo di ispirazione), da parecchi anni ha lasciato New York che ne segnò i primi anni in bilico tra il decadente glam e la nascente scena punk, per trasferirsi in Europa, nell'amata Parigi.
Arrivato a sessan'tanni e con una trentina di dischi incisi (Elliott è uno che non si risparmia nè in studio , nè live), questa nuova ed omonima uscita sembra avere tutte le carte in regola per raggiungere l'intensità e la profondità dei suoi vecchi dischi e, perchè no, far ripartire la carriera. Registrato tra New York e la Francia, vede la produzione affidata al giovanissimo figlio appena ventenne Gaspard Murphy, un attestato di fiducia di tutto rispetto fatto da papà Elliott.
L'iniziale Poise'n Grace strizza subito l'occhio a Bob Dylan nel cantato ed omaggia l'amico Springsteen nella strofa finale della canzone: "I've been listening to Nebraska, Johnny 99 hits 100 as the new Jersey sky turns dark". Bruce Springsteen, sempre pronto ad invitare Murphy sul palco durante le sue calate europee.
Le canzoni scritte quasi interamente da Murphy, eccetto alcune in compagnia dell'ottimo chitarrista Olivier Durand, sono ballate dall'antico sapore, come Counterclockwise che non avrebbe sfigurato su "Oh Mercy" di Dylan, per il suo carattere oscuro e dark, la supplica di Take the devil out of me, la più jazzata You don't need to be more then yourself, piccolo saggio di filosofia di vita o With the ring, ariosa ed orchestrale negli arrangiamenti fatti dal figlio.
Più sostenute e sentiti omaggi al rock'n'roll sono la divertita e dal titolo rivelatore Rock'n roll'n rock'n roll e la quasi hillbilly Rain, rain, rain, dove a mettersi in mostra è la sua buona band di accompagnamento, The Normandy All Stars.
A chiudere, gettando un ponte verso la terra che gli ha dato i natali , la lunga ed evocativa epopea dalle atmosfere quasi western Train kept a rolling.
Murphy, rimane ancora un cantautore d'altri tempi, un dandy del rock che fa ancora della poesia in musica un vanto ed una ragione di vita, lontano dai grandi circuiti che contano ma sempre più vicino ai cuori e all'anima. Una carriera senza hit epocali ma piena di coerenza e dedizione al rock.
vedi anche RECENSIONE: ELLIOTT MURPHY-It Takes A Worried
Man (2013)
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