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martedì 2 novembre 2010

MT. DESOLATION recensione

Debutto per la superband nata per caso dopo una serata alticcia, con componenti di Keane, Mumford and Sons, Noah and the whale e Killers



MT.DESOLATION Mt. Desolation (2010)

Eccovi servito il disco d'autunno, quello ideale per accompagnare serate davanti al calore domestico di un camino o se siete più mondani, davanti ad una o più pinte di birra all'interno del vostro british pub preferito.
Proprio in quest'ultimo ambiente sembra essere nata l'idea di questo supergruppo. Si sa, quando l'alcol entra in circolo , le inibizioni cadono e alcune cose sparate al momento per puro caso possono nascondere verità e certezze assolute. E' successo che i due componenti principali dei Keane, Tim Rice Oxley e Jesse Quin, gruppo derivativo e non certo imprescindibile del brit-pop inglese, quello senza chitarre, per intenderci, buttarono giù l'idea di confrontarsi con un genere come il country-folk. L'idea ha coinvolto amici come Country Winston dei Mumford e sons al banjo, Ronnie Vannucci dei Killers e Tom Hobden dei Noah and the whale, mentre le canzoni sembravano uscire in modo spontaneo, tanto da essere poste al giudizio preventivo del popolo di internet che in poco tempo ne ha decretato il successo. A questo punto il passo dall'idea abbozzata al disco è stato breve, confermando come, spesso, la spontaneità paga più del lavoro studiato a tavolino.


L'atmosfera che si respira in quasi tutto il disco a parte poche eccezioni, è di una musica melanconica e riflessiva, un folk-country alternativo che sembra strizzare più l'occhio al british folk che all'America. Insomma un disco da sbronza triste.
L'apertura potrebbe trarre in inganno con Departure una canzone saltellante e divertita dal forte ritornello pop con la seconda voce di Jessica Staveley Taylor al controcanto che diventa invece protagonista in Another night on my side mentre duetta con Jesse Quin. Echi quasi springsteeniani affiorano da Annie Ford mentre in State of our affairs si viene catapultati lungo le brughiere britanniche evocando onde alte e fredde che si infrangono lungo alte coste scogliere. The "Midnight ghost" è un pigro viaggio nell'America ispirato da i "Vagabondi del Dharma" di Jack Kerouac, romanzo che riprendeva il viaggio di "Sulla strada", ambientandolo però nella natura delle montagne e dei boschi.
Platform 7 è forse la canzone più "americana", un honk-tonk country spedito e svagato che lascia lo spazio ad una My my my, che con la sua armonica cerca di aprire su orizzonti desertici ma che alla fine rimane con il piede ben piantato in terra d'albione e forse questo è la caratteristica che pervade tutto l'album. Non necessariamente negativa ma che anzi rende l'album degno di ascolto e nel suo piccolo originale.


Dello sbandierato country americano in verità vi è molto poco ma quello che ne è uscito è un fresco disco dalle atmosfere rarefatte, intriso di melanconia pop/folk sicuramente in grado di avvolgere l'ascoltatore dentro ad un abbraccio rassicurante da parte di giovani artisti in vacanza (autunnale) dai loro gruppi base.

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