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giovedì 7 ottobre 2010

RECENSIONI...dischi in ascolto...RONNIE WOOD(I Feel Like Playing)...KILLING JOKE(Absolute Dissent)...

RONNIE WOOD I Feel like Playing (EagleRecords, 2010)
Che le sortite soliste dei vari Stones non avessero mai brillato è un dato di fatto, purtroppo inciso indelebilmente nella storia dei dischi, ma che toccasse a Ronnie Wood cercare di invertire la marcia, nessuno se lo sarebbe mai aspettato, soprattutto quando si è in competizione con due pezzi da novanta come la premiata ditta Jagger/Richards.
Lasciate per un attimo da parte le ultime poco edificanti notizie di gossip casalingo, Ron Wood si ributta nella mischia del rock'n'roll, tirando fuori un disco che manca alla discografia degli stessi Stones da parecchi anni. Per farlo si fa aiutare da un nutrito numero di prestigiosi ospiti:Slash, Flea(Red Hot Chili Peppers), Billy Gibbons(ZZ Top), Eddie Vedder(Pearl Jam), il vecchio amico "era Faces" Ian McLagan, Kris Kristofferson e tanti altri. Quello che esce è un onesto, puro e divertito disco di rock ruspante e stoniano fino al midollo.Dal rock di Lucky man , Thing about you e I don't think so, passando per il reggae di Sweetness my weakness, il soul di I gotta see e Catch you.
Wood si improvvisa a fare Dylan nell'apertura del disco con la bella ballad Why you wanna go and do a thing like that for e si diverte nei blues di Spoonful(Willie Dixon) e Fancy pants con tanto di armonica. E' solo rock, fatto e suonato da chi non sa fare altro nella vita( non è nemmeno vero, visto che Wood è anche un rispettabilissimo pittore) ci piace e ci fa ben sperare per il futuro delle "pietre", il chè non è poco per un gruppo che da più di vent'anni è additato come una band di dinosauri.

KILLING JOKE Absolute Dissent (Spinefarm records, 2010)
Testualmente sembrano due le correnti che animano le canzoni di questo nuovo lavoro dei veterani Killing Joke. Due correnti che vanno ad unirsi verso una unica parola "rabbia". Rabbia verso il destino che solo tre anni fa ha portato via l'amico e bassista Paul Raven e rabbia verso il maldestro destino verso cui sta sprofondando il nostro caro pianeta.
Da sempre proiettati in avanti, il sound non ha perso quella componente apocalittica che li ha resi protagonisti della scena più sperimentale del rock da trent'anni a questa parte.
Alti e bassi hanno accompagnato la carriera di Coleman e soci, con una netta rivincita di popolarità nel nuovo millennio, grazie a due dischi intransigenti come il metallico omonimo del 2003 e il claustrofobico, cacofonico e labirintico Hosannas from the basements of Hell del 2006.
Ora nel 2010, per festeggiare i trent'anni dall'uscita del loro inarrivabile esordio, si ripresentano con la stessa formazione di allora(Jaz Coleman,Kevin"Geordie"Walker, Martin"Youth"Glover e Paul Ferguson) e con una varietà nei suoni che va a ripescare le varie fasi della loro carriera. Capita così di imbattersi in canzoni come la quasi danzereccia European Super State( pesante critica agli stati uniti d'Europa), che non può che riportare alla mente il periodo elettronico di metà anni ottanta e un disco come Night Time o l'elettronica più atmosferica e darkeggiante di The Raven King, sentita dedica all'amico Raven scomparso nel 2007, omaggiato anche in Honor the fire.
La presa di posizione ambientalista è ben scandita nel brano di apertura Absolute Dissent mentre il lato rock compare con la pesantezza chitarristica di The great Cull, This world Hell o di Fresh Fever From the Skyes, dove la batteria tribale scandisce il pezzo.
E se Here comes the Singularity si candida ad essere la nuova Eighties, in Depthcharge, l'atmosfera si fa ipnotica e la velocità aumenta, fino ad arrivare alla lunga e conclusiva Ghosts Of Ladbroke Grove, suggestionante nel suo lento incedere guidato dal basso.
Senza mezzi termini la miglior prova degli ultimi anni, ispirata e purtroppo, spiace dirlo, ma dalle grandi perdite nascono sempre le cose migliori.

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