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lunedì 27 ottobre 2014

RECENSIONE: MARY CUTRUFELLO (Faithless World)

MARY CUTRUFELLO Faithless World (Appaloosa/IRD, 2014)



Tra le migliori rocker femminili sulla piazza: voce graffiante e vissuta di quelle che non passano inosservate, blue collar rock diretto ed evocativo di quelli pieni e tosti, testi onesti e credibili di quelli che arrivano diretti. Mary Cutrufello ha dimostrato di avere forza e carattere per inseguire i suoi miti musicali e perché no, eguagliarne lo spirito, quello antico, quando le terre erano ancora quelle lontane e promesse, i soldi erano pochi, e il rock'n'roll aveva buona memoria per non dimenticare.  I migliori anni di Bruce Springsteen, Bob Seger, Willie Nile, John Mellencamp (Joan Armatrading, Tracy Chapman, Melissa Etheridge rimanendo in campo femminile) rivivono nelle sue canzoni, rinascono con le peculiarità migliori messe in evidenza in prima pagina e poco importa se la sua carriera invece ha avuto il destino segnato e scritto nel trafiletto a fondo pagina. A volte il giornale si inizia a leggere proprio da lì. E' più sfizioso. Bisogna avere tanta fede in un mondo pieno di infedeltà è il suo messaggio. Cosa si darebbe oggi per risentire Bruce Springsteen lanciato in un rock'n'roll all'ultimo respiro come quello che esce dall'urgente Fool For You.
Non si è persa d'animo la quarantaquatrenne cantautrice originaria del Connecticut. Dopo un avvio di carriera fulminante e carico di aspettative, nel debutto When The Night Is Through uscito nel 1998 per una major c'erano musicisti di primo piano della scena americana come Benmont Tench, Jim Keltner, Kerry Aronoff, Bob Glaub, nel 2001 ci fu lo stop forzato dovuto ad una gola malandrina, la lenta guarigione dai fastidiosi noduli, la paura di non poter più cantare come prima, e poi il ritorno nel 2008 con il maturo 35, perchè il DNA è quello vincente, nella musica come nella vita-il destino a volte si può indirizzare dalla parte giusta-e allora sotto di tosto rock'n'roll con le nuove  Cold River, Worthy Girl, Promise Into Darkness, brani senza troppi fronzoli, urbani, da sudore sotto il palco e pieni di immagini vissute e chitarre elettriche. Forza che esce anche quando i ritmi calano: la voce soul della bella e "solitaria" Lonesome And The Wine, la swingata Three Broken Hearts, il veloce e corale  country rock di Fools And Lovers condotto dal banjo suonato da Kenny Wilson, quello più placido e da viaggio di Santa Fe Railroad con la pedal steel di Mike Hardwick.
Anche dieci anni di lavoro in FedEx per sbarcare il lunario possono lasciare un buon segno come canta, scherzandoci su, nel finale e ironico folk The FedEx Song.
La grinta, l’urgenza, la voce e la passione sono quelle di chi continua a scalciare per riprendersi la meritata rivincita sulla sfortuna. Di giorno il lavoro, di notte la passione che ripaga di tutto. Un truck lanciato a fari spenti ma guidato con consapevolezza e passione rare. Un “fiume” in piena. Per gli orfani di quelle sonorità create ai Power Station Studios di New York tra il 1979 e il 1980 (e non solo). Assolutamente da ascoltare.



vedi anche
RECENSIONE: SCOTT H. BIRAM-Nothin' But Blood (2014)
RECENSIONE: EILEEN ROSE-Be Many Gone/CARRIE NEWCOMER-A Permeable Life/ELIZA GYLKISON-The Nocturne Diaries (2014)







giovedì 23 ottobre 2014

RECENSIONE: EDDA (Stavolta Come Mi Ammazzerai?)

EDDA Stavolta Come Mi Ammazzerai? (Niegazowana, 2014)




Edda, sei anche mia mamma. Ricordatelo. Te lo avevo già detto. Quella mamma che oggi è preoccupata per un marito sotto i ferri. Com'è che i tuoi dischi solisti, e son già tre da quando ti sei rifatto vivo -no non "ri-farti" più di quell'altra cosa, ti supplico-escono sempre in periodi delicati della mia vita? Com'è che li ascolto sempre con il groppo in gola e i calci negli stinchi? Cosa c'è sotto? Mi vuoi male? Tu vuoi male a tutti, in primis te stesso. Vero? Eppure io ti adoro. Tanti ti adorano. Ti adotterebbero, figurati. Una mamma non può odiare un figlio. Un figlio non può odiare una madre. Ricordatelo. Non mi hai mai tradito quando sei stato presente: ho adorato i RitmoTribale, ho cercato la tua assenza (e qui mancavi), venero il tuo inaspettato ritorno. Cosa vuoi di più da me? L'unico tradimento è stata la tua scomparsa nel nulla, dove il nulla era droga, la droga era il tuo amore e gli amori non si discutono. Ma è acqua passata sotto i tuoi ponteggi. Che poi anche lì: che cazzo ci trovavi in quei ponteggi? Ti sei fatto perdonare: Semper Biot era il ritorno nudo e crudo che raschiava le ossa e scaldava il cuore, Odio i Vivi era un' altra parte di te, bella o brutta non so, Stavolta Come Mi Ammazzerai? mi sa che sei te con la corazza, il casco e un carrarmato sotto il culo. Ora hai pure la patente e il cingolato lo guidi tu, dove vuoi, contro chi vuoi. Fuoco! Come non è vero sei te... cantava quello là.
Edda pare pronto per tornare al gruppo madre: quante madri in questo disco, quante madri ha questo disco? Tante come tutte le donne amate carnalmente, odiate metaforicamente e citate nelle tue canzoni.
Orfani dei Ritmo Tribale, questo disco è anche per voi (noi). E' un ritorno alle famiglie che hanno svezzato la sua vita, ma allo stesso tempo un distacco da alcune certezze: c'è il rock minimale e scheletrico fatto di batteria, basso e chitarra che tanto ricorda i bei tempi dei Ritmo Tribale (Mademoiselle, il punk di Ragazza Meridionale, Ragazza Porno, HIV), c'è il papà (Pater), c'è la mamma (Mader) che aprono e chiudono questa raccolta di 17 canzoni registrate in soli due mesi con urgenza assassina insieme a Fabio Capalbo. Ma Edda ha anche abbandonato tutto il suo recente passato per registrarlo. Niente più costruir ponteggi come lavoro (l'avevo detto io), da Arona si è spostato ad Arezzo dalla sua (santa) donna; Walter Somà, il nome-quasi l'alter ego-che fino ad oggi abbiamo letto di fianco al suo come fossero i nostri Lennon/McCartney, Jagger/Richards, i già nostri Mogol/Battisti, o i fratelli La Bionda, lo leggiamo solamente poche volte ma è sempre spiritualmente presente (l'assalto di Dormi E vieni); non c'è più il produttore Taketo Gohara ma c'è tantissimo altro. Ed è presente anche l'artista schietto, sincero e senza parafanghi che abbiamo imparato a conoscere, colui che vuole vendicarsi di tutto nel crescendo spasmodico di Pater (...tutte le volte che vedo mio padre, esco di casa con la voglia di ammazzare, non capisco perché ma io c'ho voglia di uccidere. E un giorno voglio anche essere Dio: vi inculo tutti. Sono contenta perché io c'ho voglia di uccidere. Voglio la carne di chi mangia carne e voglio il sangue di chi beve sangue. Sono contenta così, oggi è Pasqua ed è lunedì. Voglio vedere chi mi ha violentata a dodici anni...), ma anche vittima di vendette altrui mentre ci presenta l'altra metà della sua famiglia (i fratelli Rampoldi) in Coniglio Rosa: un fratello gemello ma diversissimo e distante e una povera sorella scomparsa troppo giovane. Tutto in piazza. Cose intime e private snocciolate sopra al tappeto jazzato di Tu E Le Rose (...io e l'amore non c'ho mai voluto niente a che fare. Ho il dolore di non aver saputo amare te. Nessuno però potrà portarmi via l'amore di averlo fatto davvero con te, tu e le rose. Conviene? A Cristina voglio bene...). Da lacrime.
Stellina è la canzone che vorresti sentire ora dagli Afterhours. Se ascoltate ancora Manuel Agnelli, ascoltate questa. Fate due più due e ditemi cosa è meglio oggi, nel 2014? "Andate affanculo è bellissima!" dice Edda a fine canzone. Questa l'hai detta giusta!
Un disco che viaggia veloce tra assalti di rock metropolitano e quiete pubblica, tra i beat elettronici e gli spasmi vocali in Puttana Da 1 Euro, tra la liquidità scarnificata di Yamamay e i loop industrial di Piccole Isole, tra le citazioni '80 di Bellissima e il finale pianistico e armonioso di Saibene. Una ballata con tutti i crismi.
Un disco di contrasti vincenti: tra carnalità e spiritualità, pornografia onanistica ed eroina come vecchio passatempo, sbocco e inadeguatezza, caos e crudezza istintiva, "killerismo" spietato e vittimismo innocente, genitori e figli. Poco tempo per il respiro. Salivazione azzerata. Un mantra da recitare tutto d'un fiato, tutto il giorno, tutto l'anno, tutta la vita. Grazie mamma. Grazie Edda. Questo disco è un viscerale capolavoro (poco) annunciato di un artista unico e senza eguali in Italia, e ci aggiungo pure l'estero.



vedi anche
RECENSIONE: EDDA-In Orbita (2010)
RECENSIONE: EDDA-Odio i Vivi (2012)
INTERVISTA a EDDA
LIVE EDDA, Tronzano Vercellese, 8 Gennaio 2011
RECENSIONE: RITMO TRIBALE-Bahamas
RECENSIONE: NO GURU-Milano Original Sountrack (2010)
INTERVISTA NO GURU (Alex Marcheschi)
RECENSIONE: ILVOCIFERO-Amorte (2013)
RECENSIONE: UOMINI-I Ritmo Tribale, Edda e la scena musicale milanese. Di ELISA RUSSO (2014)
EDDA live @ Torino, Blah Blah, 22 Novembre 2014




martedì 21 ottobre 2014

RECENSIONE: RICHIE KOTZEN (The Essential Richie Kotzen)

RICHIE KOTZEN The Essential Richie Kotzen (Loud & Proud Records, 2014)



Tempo di bilanci
Non invidio Richie Kotzen. Deve essere stata un’ardua impresa scegliere le 23 canzoni da inserire in questa raccolta: manca molto. Il guitar hero della Pennsylvania vanta una carriera lunga 25 anni, spalmata su 18 dischi solisti e sulle numerose collaborazioni, dai Poison di “Native Tongue” che grazie a lui acquisirono spessore blues, ai Mr.Big dove ebbe l’arduo compito di sostituire Paul Gilbert, fino ai recenti The Winery Dogs, super gruppo messo in piedi con Mike Portnoy e Billy Sheehan. Due i CD, con estratti dai dischi solisti, due inediti (“War Paint”, “Walk With Me”), rivisitazioni unplugged, rarità, demo, più un DVD con i video della carriera. Il miglior consiglio che posso darvi, però, è assistere ad un concerto: entri cercando la chitarra, esci e hai un talento completo in costante crescita nonostante l'età che avanza, capace di passare dall’hard, al calore blues, soul, southern (ottimo “Mother Head’s Family Reunion”, qui ingiustamente snobbato), passando da jazz e fusion (anche questi progetti non ci sono), ma anche una voce strepitosa e buone “canzoni”, punti deboli quando si è davanti a virtuosi delle sei corde come lui. (Enzo Curelli) 7,5



vedi anche
RECENSIONE/LIVE report RICHIE KOTZEN live @ Rock'n'Roll Arena, Romagnano Sesia (NO), 20 Marzo 2012
RECENSIONE: THE WINERY DOGS-The Winery Dogs (2013)




sabato 18 ottobre 2014

RECENSIONE:ADAM COHEN (We Go Home)

ADAM COHEN We Go Home (Cooking Vinyl/Edel, 2014)



Alle radici
Se il segreto per ritrovare l’ispirazione era tornare nei luoghi dove trascorse l’infanzia, prima la casa natia a Montreal in Canada, poi nell’isola ellenica Hydra, buen retiro scelto dal padre negli anni settanta per esiliarsi dal resto del mondo, l’esperimento può dirsi altamente riuscito. Spossato da un paio d’anni in tour e dai discreti successi raggiunti con i precedenti tre album, Adam Cohen aveva bisogno di riallacciarsi con l’ingombrante cordone ombelicale per ricaricare le pile, e se tuo padre si chiama Leonard e di professione è "poeta", tra i più grandi viventi (ma quanto è bello il nuovo Popular Problems di papà?), qualcosa d’interessante lo porti sempre a casa. Registrato direttamente tra le mura delle abitazioni che lo hanno visto crescere, respirando e attingendo nei ricordi (ben impressi in “Fall Apart”), questo quarto album è il frutto della maturità raggiunta di un figlio che la propria strada, tra folk, pop e confidenziale soul, la sta trovando pur senza rinnegare la calda e raffinata poetica di famiglia, dedicata anche al giovane figlio di sette anni. Tre generazioni: il cerchio che si chiude. Tra le sorprese piacevoli dell'anno. (Enzo Curelli) 8





lunedì 13 ottobre 2014

RECENSIONE: UOMINI-I RITMO TRIBALE, EDDA E LA SCENA MUSICALE MILANESE di ELISA RUSSO

UOMINI-I RITMO TRIBALE, EDDA E LA SCENA MUSICALE MILANESE di ELISA RUSSO (Odoya, 2014, 460 pagine, prezzo 22 euro)


Ci sono panchine e panchine. Quella in piazza Grandi a Milano è stata importante, il fulcro intorno a cui, negli anni ottanta, è nata una bella storia; ritrovo di amici, giovani studenti liceali in libera uscita con la musica in comune ed un futuro tutto da scrivere. Meno importante quella dove ero seduto io nel 1992, quasi ventenne, mentre sfogliando le pagine del defunto HM (tra le prime riviste Heavy Metal italiane dell'epoca, un mix tra una vecchia fanzine in bianco e nero e un periodico a colori) mi imbattei nel nome di un gruppo italiano. Arrivai un po' in ritardo, è vero. Era appena uscito Tutti Vs. Tutti, il loro terzo album, se ne parlava talmente bene che il giorno dopo corsi a comprarmi il vinile da quello che all'epoca, a Biella, era già divenuto il mio spacciatore preferito di dischi. A scatola chiusa, senza aver mai ascoltato una nota, d'altro canto anche volendolo, a quei tempi (e sono solo vent'anni fa) non c'era nemmeno la possibilità di farlo tanto facilmente. Da quel giorno alla domanda: qual è la tua band italiana preferita? Iniziai a rispondere sempre e solo con un nome: Ritmo Tribale.
Ho sempre sperato, anche dopo lo scioglimento, soprattutto dopo, che qualcuno tentasse di ripercorrere e raccontare la loro storia, riportare la band milanese al centro delle cronache musicali, di (ri)dare loro la giusta importanza e visibilità all'interno della scena rock italiana. Il tassello di "gruppo di culto" lo occupano ormai da molti anni ed è sempre più stretto. Ora il capitolo è completo, o quasi. Non crediate che sia finita qui però...
A raccontare quella storia ci è riuscita, e molto bene, Elisa Russo, triestina, attiva come giornalista in campo musicale proprio da quei primi anni novanta fino ad arrivare ai giorni nostri: web, Radio e  TV Capodistria, Il Piccolo di Trieste. Elisa la trovate lì se volete conoscerla. Io, invece, la incontrai via MySpace-ma esiste ancora?-intorno al 2007, quando cercando notizie sullo strepitoso concerto di reunion dei Ritmo Tribale al Fillmore di Cortemaggiore
(il famoso "il ritorno"), chiesi qualche delucidazione che lei mi diede gentilmente. Da allora, la seguo abitualmente grazie a Facebook-ecco perché MySpace non è più quello di prima-ed insieme a Zymbah, il tuttofare della tribù "tribale", è diventata un piccolo faro che illumina tutti i die-hard fans della band milanese. Seguire i suoi post e gli scambi di battute scritti in dialetto con il fratello Ricky Russo è uno vero spasso. Lo stesso Ricky, che ora vive a New York, ha scritto un intero libro in dialetto (Per Bon, For Real) raccontando le sue avventure turistico/musicali nel "grande pomo". Capisco tutto-anni di estati passate in Friuli aiutano-ma non oso interagire. Per scrivere nel loro dialetto ci vogliono le scuole!
"Lo misi sul giradischi (parlando dell'LP Kriminale) e fu amore a primo ascolto. Non avevo sentito mai nulla del genere. Di musica ne ascoltavo tantissima mi piacevano i Litfiba e i Negazione, ed entrambi mi emozionavano parecchio, li sentivo in sintonia con ciò che ero. Ma i Ritmo Tribale mi travolsero, mi entrarono dentro ma in maniera differente. E' difficile da spiegare, ma è una sensazione fisica, proprio come l'innamoramento. Dei Ritmo Tribale mi sono innamorata e la fiamma non si è mai spenta..." racconta Elisa nell'introduzione a pag.25.
Leggendo le 460 pagine si percepisce tutto. Non costruisci un libro del genere se non hai quel vero interesse che nasce dal cuore. Elisa ha fatto un "lavorone", frutto di anni di ricerca e di passione: tante nuove interviste con i protagonisti e con le persone che li hanno conosciuti nel tempo (fidanzate e mogli, vecchie e nuove, musicisti, amici ed ex amici, collaboratori, giornalisti), vecchie dichiarazioni estrapolate dai giornali dell'epoca, stralci di recensioni dei dischi, testi, tante foto inedite. Non manca nulla. Partiti sotto la spinta del ricco sottobosco hardcore/punk italiano (Negazione, Indigesti, Raw Power, Wretched erano un'istituzione in Italia ma anche e soprattutto all'estero) e poi una lenta e costante acquisizione d'identità grazie all'uso dei testi in italiano che faranno scuola (chiedere a Manuel Agnelli, qui intervistato), un crossover musicale d'impatto, un cantante carismatico, disturbato e fuori da ogni catalogazione-per me è sempre stato il nostro Mike Patton, prima ancora di Mike Patton-e poi uno sguardo approfondito sulla scena musicale milanese degli anni 80/90 (Afterhours, Karma, Casino Royale, La Crus); l'incredibile esperienza dello studio di registrazione Jungle Sound messo in piedi dal chitarrista Fabrizio Rioda; l'affascinante storia, la resurrezione e la carriera solista di Edda-quasi una favola a lieto fine-che prossimamente si arricchirà di un nuovo album ben presentato in un intero capitolo del libro (Stavolta Come Mi Ammazzerai? in uscita il 27 Ottobre); il presente targato No Guru, il gruppo che vede riuniti i restanti Andrea Scaglia, Alex Marcheschi, Andrea "Briegel" Filipazzi, Luca "Talia" Accardi con Xabier Iriondo (Afterhours) e Bruno Romani (Detonazione).
Per presentare un romanzo lungo trent'anni che ha attraversato in corsa le striscie pedonali della Milano degli anni '80, scalciato i preziosi calici in vetro della "Milano da bere" per approdare sul marciapiede scivoloso della Milano più viva, barricadera e pulsante, quella dei centri sociali dove poter suonare, ma anche quella marcia e insidiosa (le droghe giravano indisturbate e disturbavano) ci sono volute ben tre prefazioni a firma di Federico Guglielmi, Christian Zingales e Vittorio Bongiorno.
Un tuffo al cuore per i fan, una bella storia da conoscere per chi vuole avvicinarsi al gruppo per la prima volta. Nel 1992, io sarò arrivato in ritardo, ma molti non ci sono arrivati ancora oggi. Questo è il momento giusto. Forza.
Uomini cattura. Ho iniziato a divorarlo ingordamente appena l'ho avuto fra le mani, poi ho rallentato. Pure bello e sostanzioso anche solo al tatto e alla vista. Sto centellinando la lettura per godermelo più a lungo, ma mancano una manciata di pagine, due, una, finito. Ma in fondo la vera storia non è ancora giunta a conclusione...giusto? to be continued




vedi anche
RECENSIONE: EDDA-In Orbita (2010)
RECENSIONE: EDDA-Odio i Vivi (2012)
INTERVISTA a EDDA
LIVE EDDA, Tronzano Vercellese, 8 Gennaio 2011
RECENSIONE: RITMO TRIBALE-Bahamas
RECENSIONE: NO GURU-Milano Original Sountrack (2010)
INTERVISTA NO GURU (Alex Marcheschi)
RECENSIONE: EDDA-Stavolta Come Mi Ammazzerai? (2014)


mercoledì 8 ottobre 2014

RECENSIONE:BLACKBERRY SMOKE (Leave A Scar-Live In North Carolina)

BLACKBERRY SMOKE Leave A Scar-Live In North Carolina ( 3 Legend Records, 2014)



Alla vecchia maniera
Non è At Fillmore East e nemmeno One More From The Road, ma Leave A Scar, doppio album live della southern band di Atlanta (anche in versione DVD per chi vuole tenere gli occhi impegnati), è quello che più si avvicina, oggi, alle atmosfere seventies di dischi epocali come quelli, monumenti insuperati di un modo di suonare e intendere il rock che hanno fatto scuola e tanti discepoli. Se le vecchie band ancora in piedi, anche grazie a cerotti e comparse, corrono dietro al moderno per tenersi a galla, le nuove generazioni giocano sul sicuro, risultando spesso più credibili e convincenti. La dura gavetta aprendo per mostri sacri come ZZ Top, Lynyrd Skynyrd e The Marshall Tucker Band trova la giusta e meritata ribalta in queste 22 canzoni (con l’inedito Payback’s A Bitch) che esaltano i tre lavori in studio prodotti fino ad oggi con l’ultimo The Whippoorwill a testimoniarne la maturità acquisita. Ingredienti vecchi ma sempre gustosi: trascinanti e alcolici honky tonk, country rock, epiche rincorse hard blues. La migliore band sudista degli anni 2000? (Enzo Curelli) 7,5 da CLASSIC ROCK Lifestyle #22,
Settembre 2014



vedi anche
RECENSIONE: BLACKBERRY SMOKE-The Whippoorwill (2012)
RECENSIONI: CHRIS ROBINSON BROTHERHOOD-Phosphorescent Harvest (2014) THE CADILLAC THREE-Tennessee Mojo (2014) WHISKEY MYERS-Early Morning Shakes (2014)
RECENSIONE: MARC FORD-Holy Ghost (2014)
RECENSIONE: CORY BRANAN-The No-Hit Wonder (2014)