venerdì 4 ottobre 2019

RECENSIONE: WHISKEY MYERS (Whiskey Myers)

WHISKEY MYERS  Whiskey Myers (Spinefarm, 2019)




southern accents
Il "white album" dei Whiskey Myers, texani di Palestine, sa di nuovo inizio, di nuova verginità artistica, anche se la base di partenza è la stessa dei primi quattro album: southern rock per il nuovo millennio. Loro sono uno dei gruppi di punta insieme a Blackberry Smoke, Hogjaw, The Steel Woods, The Vegabonds, The Cadillac Three.
"Questo è stato il primo album che abbiamo prodotto da soli ed è al 100% nostro" dicono dopo anni di collaborazione con il produttore Dave Cobb. Un disco che mette in risalto tutte le loro influenze quando vanno giù di chitarre (tre come nella migliore tradizione del southern rock d'annata: Cody Cannon, John Jeffers e Cody Tate) con episodi potenti ed enfatici ('Gasoline') sia quando l'aspetto più country e bucolico prende il sopravvento ('Rolling Stone') ma sempre guidati dalla sontuosa e versatile voce di Cody Cannon che ben si adatta ad ogni sfumatura. Dall'iniziale gospel a tinte hard 'Die Rockin' scritta insieme a Ray Wylie Hubbard e con i cori delle McCrary Sisters, passando per le ballate mai scontate che fanno da contorno.
Si sentono gli echi dei Lynyrd Skynyrd anni novanta, quelli del loro miglior disco dell'epoca Last Rebel, nell'epico avanzare di canzoni come la dichiarazione d'identità 'Bury My Bones' e 'Kentucky Gold' , c'è la freschezza sudista di Tom Petty nel rock'n'roll 'Mona Lisa', c'è il vecchio e intramontabile blues in canzoni come 'Bitch' e nella più pesante 'Hammer'.
Qualche sfumatura western sembra rimandare addirittura al miglior Bonjovi, periodo New Jersey e Blaze Of Glory ('Glitter Ain' t Gold') che non era affatto da buttare o cumunque a certo sound a cavallo tra gli anni ottanta e novanta.
Quando rallentano sanno mostrarci i paesaggi americani a bordo di una decappottabile attraverso la melodia on the road di 'Houston Country Sky' o nelle più distese 'California To Caroline' e 'Bad Weather' che richiamano i vecchi fantasmi sepolti negli anni settanta di gruppi come Eagles e Outlaws. Di questi dischi si dice "nulla di nuovo sotto il sole" ma abbastanza freschi da non far morire le tradizioni sotto il caldo cocente degli anni passati.










Nessun commento:

Posta un commento