lunedì 17 dicembre 2018

RECENSIONE: THERAPY? (Cleave)

THERAPY?  Cleave (Marshall Records, 2018)






“Se prendi i miei demoni, prenderai anche i miei angeli” Callow

 Alla domanda: quale gruppo rappresenta al meglio i tuoi anni novanta? Non avrei dubbi, nel rispondere: i nordirlandesi Therapy? Una band che, a parte un paio di stagioni trascorse con tutti gli onori e gli oneri della cronaca (il biennio 1994-1995, con TROUBLEGUM sul podio non solo della loro carriera ma tra i dischi più influenti del decennio dei novanta), non ha mai raccolto tutto quello che avrebbe meritato in popolarità. Oggi, però, a differenza di tanti altri compagni di viaggio persi per le tortuose strade degli anni trascorsi o magari alle prese con improbabili reunion, sono ancora qui a girare per i palchi di tutto il mondo, grandi e piccoli, guidati dalla inseparabile coppia-unita saldamente da una vera e palpabile amicizia- formata da Andy Cairns e Michael McKeegan, a proporre la loro carriera in musica che non si è mai fermata di fronte a nulla: più forti dei cambi di formazione (batteristi che vanno e vengono, formazione a tre che diventa a quattro e poi di nuovo trio), mode musicali passeggere, attentati e crisi economiche mondiali incluse e… la vita. Andy Cairns ne sa qualcosa. Una certezza, tanto che il punto interrogativo alla fine del loro nome andrebbe trasformato in esclamativo e sottolineato in neretto. Uno di quei gruppi a cui ti affezioni in giovane età e che non molli più, seguendo fedelmente la loro bizzarra vena creativa che si contorce come una montagna russa senza mai fine. Una band che avrebbe potuto costruire una carriera su hits come ‘Nowhere’, ‘Screamager’ o ‘Stories’ e che invece ha proseguito a testa bassa, andando spesso incontro alla cieca critica che li dava per morti quando invece di continuare a sfornare singoli, si avventurarono in percorsi musicali più ostici e meno immediati, voltando lo sguardo a ritroso verso i loro esordi industrial/noise rumoristi, scatenando pure le ire delle loro case discografiche. Spigolosi e accomodanti quando serve: dai dischi più melodici e rock'n'roll (SHAMELESS-2001, HIGH ANXIETY-2003) ai quelli ostici e poco penetrabili (SUICIDE PACT YOU FIRST-1999, CROOKED TIMBER-2009), il tutto senza farsi influenzare da mode musicali e lontano da qualsiasi catalogazione. Non fa difetto CLEAVE, quindicesimo album di una carriera trentennale. La collaudata formazione a tre, con Neil Cooper alla batteria, sa ancora scrivere buone melodie pop (‘Callow’, Crutch’), guardare al passato noise (‘Wreck It Like Beckett’) e picchiare all'occorrenza, ‘I Stand Alone’. Il mio podio va a ‘Success? Success Is Survival’, un pachiderma heavy con coro melodico, quasi autobiografica nel titolo, senza dimenticare di far pensare, come tutti i loro testi, scuri e cinici: questa volta si indaga nei meandri scuri della mente umana tra depressione e alienazione. “La vita mi ha preso a pugni e ora sono tutto oscurato” canta Cairns in ‘Save Me From The Ordinary’. Tutto convincente. Tutto vero. Come sempre.





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