martedì 25 settembre 2018

recensione: CLUTCH (Book Of Bad Decisions)

CLUTCH   Book Of Bad Decisions (Weathermaker Music, 2018)




 Ai Clutch del music business non è mai importato più di tanto, nonostante un passato con la Atlantic e buoni successi nelle radio di settore americane. Dopo ventotto anni di onorata carriera sono ancora qui, coerenti anche se un po' diversi, a scalciare come ai primi tempi con gli ampli tarati e fumanti, manciate di terra da tirare alle band più imbellettate e la voce da orco del cantante Neil Fallon a declamare i suoi testi. Una menzione la merita la politica ‘How To Shake Hands’ dove rivela la prima cosa che farà quando diventerà presidente degli Stati Uniti d’America : rivelare i nomi di tutti gli UFO e mettere Jimi Hendrix in una banconota da venti dollari. Bene aspetteremo. In eterno credo. BOOK OF BAD DECISIONS registrato a Nashville nel giro di sole tre settimane è decisamente un album di pesante e diretto blues (‘Sonic Consuelor’ e il southern di ‘Hot Bottom Feeder’ ne sono due facce diverse), ma blues come lo intendono dalle parti di Germantown nel Maryland: caricato a dosi di fumante Stoner nell’apertura ‘Gimme The Keys’ con ricordi persi nel loro primissimo tour, impegnato a ripetere la lezione dei papà Black Sabbath nella possente marcia hard di ‘A Good Fire’ , oppure caricato di groove come nella curiosa e riuscitissima incursione nel funk con la trascinante ‘In Walks Barbarella’ e i suoi fiati. ‘Vision Quest’ è un carrarmato in discesa sui tasti di un indiavolato piano honky tonk come se Chuck Berry fosse ritornato per un’ultima jam. Ogni tanto si tira il fiato: in ‘Emily Dickinson’ con un organo Hammond in evidenza , l’assolo di Tim Sult e con un finale a sorpresa e nell’epico, inquietante e fumoso finale ‘Lorelei’ che cresce e finisce con una batteria che rimanda alla guerra di secessione. L’aquila, simbolo degli States, ci mostra spalle e sedere. Qui scopriamo il perché.







Nessun commento:

Posta un commento