mercoledì 12 settembre 2018

RECENSIONE: ALEJANDRO ESCOVEDO with DON ANTONIO (The Crossing)

ALEJANDRO ESCOVEDO with DON ANTONIO  The Crossing (Yep Roc Records, 2018)







 la miglior risposta a Trump e Salvini
Le grandi rockstar che ci mettono ancora la faccia denunciando in musica i peggiori mali che attanagliano questo mondo allo sbando le contiamo sulle dita di una mano oramai, mentre l’altra è comodamente adagiata in tasca al caldo. Tocca allora a personaggi minori (intendo come successo) quali ALEJANDRO ESCOVEDO segnare la strada e indicare la via. Escovedo lo fa nella maniera più completa e veritiera possibile: prima perché è uno che ha sempre combattuto per ottenere quel che ha raggiunto ora a 66 anni sia nel mondo musicale che nella vita, vincendo tante battaglie, poi perché si lancia in un lungo e ambizioso concept album, vario musicalmente e carico di contenuti. Non è da solo questa volta ma si fa accompagnare da ANTONIO GRAMENTIERI e i suoi DON ANTONIO (Denis Valentini al basso, Matteo Monti alla batteria, Gianni Perinelli, Francesco Valtieri ai fiati e Nicola Peruch alle tastiere) , musicista italiano apprezzatissimo a certe latitudini rock degli Stati Uniti fin dai tempi del suo progetto SACRI CUORI. I due saldano così un’amicizia che li portò a girare insieme in un tour di 35 date in 40 giorni l’anno scorso dopo il bellissimo BORN SOMETHING BEAUTIFUL uscito nel 2016 (“Mi sono innamorato di loro” dice Escovedo parlando di DON ANTONIO). E anche in questo concept, nato e registrato in Italia a Villafranca con il produttore Brian Deck, viaggiano insieme, unendo le loro esperienze da immigrati: un messicano e un italiano (Diego e Salvo) che approdano negli Stati Uniti, in Texas, (si apre il tutto con ‘Andare’)nel nome della musica punk rock alla ricerca dei grandi gruppi come Ramones, MC5, New York Dolls , ad accoglierli invece il razzismo e la discriminazione verso gli immigrati.
Temi caldi sia negli States (ecco ‘Fury & Fire’ un attacco alla politica “alza muri” di Trunp) che in Italia. Dentro alle diciassette tracce tutto l’universo musicale che i due si portano dietro da sempre: tracce tex mex (le forti immagini di confine dipinte in ‘Footsteps In The Shadows’, ‘Texas Is My Mother’), spoken word song (‘Rio Navidad’ scritta da Willy Vlautin e letta da Freddy Trujillo, entrambi dei Richmond Fontaine), tratti swing (‘How many Time’) e jazzati (‘amor Puro) con qualche bella stoccata punk garage con le chitarre taglienti come ai tempi dei Nuns con ‘Outlaw For You’ e ‘Sonica USA’ che vede la partecipazione di WAYNE KRAMER (MC5) e con JAMES WILLIAMSON (The Stooges) in ‘Teenage Luggage’e ballate intense ed evocative come ’Something Blue’. Senza dimenticare la partecipazione di JOE ELY in ‘The Crossing’ e nella sua ‘Silver City’, uno che certi luoghi li conosce a memoria, e di Peter Perrett e John Perry degli The Only Ones, gruppo cult britannico all’opera nei fine settanta, che si riuniscono insieme dopo 40 anni. Con questo disco Escovedo, figlio di immmigrati messicani, scrive su un lato del foglio la sua personale autobiografia, nel retro imprime la radiografia di un mondo ancora troppo impreparato per accogliere ma sempre disponibile nel posare cemento di puro e insensato odio sui mattoni.


ALEJANDRO ESCOVEDO-Born Something Beautiful (2016)

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