mercoledì 21 febbraio 2018

RECENSIONE: GRANT-LEE PHILLIPS (Widdershins )

GRANT-LEE PHILLIPS       Widdershins (Yep Records, 2018)







“In quale direzione ci stiamo muovendo?” . È con questa domanda in testa che GRANT-LEE PHILLIPS imbraccia una chitarra, insieme ai fedeli Lee Prixe al basso e Jerry Roe alla batteria, e cerca di dare più risposte possibili con un disco diretto e immediato, registrato con l’urgenza dei tempi migliori, in soli quattro giorni, a Nashville. Là dove il precedente e bellissimo THE NARROWS giocava prevalentemente attraverso suoni acustici con ballate quasi ipnotiche e volgeva lo sguardo indietro, scavando tra le sue radici pellerossa (Cherokee) e riflettendo sull’importante scelta di vita del trasferimento da Los Angeles a Nashville, con WIDDERSHINS affronta con piglio beffardo, e con una buona dose d’ironia, il presente, i problemi della sua grande patria (sì, Trump centra qualcosa), i rapporti sociali sempre più freddi e prossimi allo zero (“non abbiamo mai lasciato il deserto” canta in una strofa di ‘The Wilderneds’) non mancando di giocare con astuzia tra corsi e ricorsi storici: ‘Scared Stiff’ ha il passo veloce dei Clash di ‘London Calling’, ‘The Wilderneds’ e ‘Great Acceleration’ sono rock tesi che rimandano diretti ai giorni dei Grant Lee Buffalo. A proposito Phillips ci vede anche una forte somiglianza tra i periodi storici: “Il periodo dei Grant Lee Buffalo fu anche un periodo di intensa ansia sociale. La Guerra del Golfo, le rivolte di Los Angeles…ero in uno stato d'umore alterato quando scrissi quelle canzoni, proprio come ora”.
L’umore musicale del disco è comunque vario. Alterna i momenti più elettrici con intense pennellate di pura americana (l’apertura ‘Walk In Circles’ ricorda musicalmente il compianto Tom Petty e riflette saggiamente sul tortuoso percorso fatto dall’uomo fino ad oggi, cercando un’originale soluzione), ‘King Of Catastrophes’, ‘Miss Betsy’ (che affronta anche il delicato momento economico e il problema del lavoro minorile), ‘Another, Another, The Boom’ e ‘History Had Their Number’ sono piccole delizie folk roots e country. Grant-Lee Phillips fa nuovamente centro con un disco sentito e ispiratissimo, pieno di ambigui personaggi e messaggi lanciati con il piglio del grande songwriter.





1 commento:

  1. Bella recensione :)
    Anche secondo me Phillips, da sempre uno dei miei cantanti preferiti, ha fatto completamente centro con un disco elettrico e ispirato :D
    Non mancano ballate acustiche stupende (King Of Catastrophes), brani tra l'elettrico e l'acustico davvero ottimi, melodie stupende e alcuni brani che trovo davvero dei capolavori nella sua carriera. Guai a chi dice che ha perso l'ispirazione! L'ultima Liberation per me è ipnotica!

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