martedì 5 settembre 2017

il SI e il NO: PARADISE LOST (Medusa), QUEENS OF THE STONE AGE (Villains)


 PARADISE LOST-Medusa (2017)    SI ↑






Un lungo cerchio che si chiude. Con MEDUSA il gruppo anglosassone completa il lungo viaggio, partito nel lontano 1990, con il nero che ha raggiunto il suo apice subito in album come SHADES OF GOD, GHOTIC e ICON, colonne che saranno portanti per decine di gruppi che arriveranno dopo. Hanno attraversato varie fasi arrivando perfino a quel punto impensabile dove la melodia dominava sul resto, fino a raggiungere l’impossibile e toccare l’elettronica con il comunque bello HOST (1999) per poi ritornare lentamente sui loro passi. Con Medusa si ritorna a calpestare le radici, attraverso il sound scuro, doom, death e gotico (gli otto minuti d’apertura di ‘Fearless Sky’ mettono in chiaro tutto), lo stesso che caratterizzava i primi dischi. Nick Holmes ha ricominciato a ruggire e usare la voce growl più massicciamente, perdendo forse quella varietà che comunque piaceva, e il produttore Arellano ha riportato la giusta dose di grezza pesantezza (‘Blood & Chaos’). Ma i Paradise Lost non sono un gruppo che rinnega del tutto i passaggi più melodici della propria storia: ‘Medusa’ e ‘Symbolic Virtue’, infatti, si riallacciano a ONE SECOND (1997), il capolavoro indiscusso di metà carriera. Nulla di veramente nuovo ma una band ritornata per riprendersi i meriti guadagnati, poi dispersi, in trent’anni di carriera e che spettano loro di diritto.






QUEENS OF THE STONE AGE-Villains (2017)    NO ↓






 Ho ascoltato il nuovo VILLAINS con tutte le buone intenzioni e senza pregiudizi. Premessa: per me i QOTSA dopo SONGS FOR THE DEAF non hanno più azzeccato un disco intero, perdendo un po’ identità (a me sembra sempre più il progetto solista di Josh Homme) e la bussola grezza e pura dei loro esordi (quanto mi manca l'esuberanza punk di Nick Oliveri!), esasperando la ricerca di strade nuove e colpi a sensazione che hanno funzionato sporadicamente per alcune canzoni ma mai sulla lunga distanza di un disco, anche se l’ultimo ...LIKE CLOCKWORK aveva lasciato buoni segni per il futuro. Il futuro è arrivato! I grandi magazine ne parlano già bene, a volte benissimo (Mojo, Uncut, Classic Rock, Rolling Stones) ma a me questa deriva funk danzereccia con synth annessi (l’apertura ‘Feet Dont Fail Me’ parte dopo un lungo e inutile intro, ‘The Way You Used To Do’) che a tratti sembra strizzare l’occhio a gruppi nati già fotocopie come Killers e Franz Ferdinand non convince per nulla. Mi annoia. E non c'è nemmeno la voce di Mark Lanegan a salvare la baracca, vista la recente svolta New Wave di quest’ultimo. In alcune canzoni spuntano alcuni rimandi del disco che Josh Homme ha fatto con Iggy Pop (‘Domesticated Animals’), altro disco osannatissimo ma che mi lasciò freddo. Pure quello. E non c'è nemmeno la vecchia iguana nuda al microfono. No, nemmeno lui. Ecco: freddo è quello che i QOTSA mi danno a fine disco. Fortunatamente, non butto via tutto: mi piacciono lo psycho rock’n’roll schizzato di ‘ Head Like Haunted House’ e ‘The Evil Has Landed’, i rimandi a Bowie della finale ‘Villains Of Circumstance’. Poi lo so già: sarà un disco osannatissimo e io continuerò ad ascoltare R. Ecco: forse l’aver messo R nella chiavetta dell’autoradio immediatamente dopo questo nuovo disco è stato deleterio per tutti: disco e mio giudizio finale. Tutti contenti? No.





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