lunedì 27 marzo 2017

ALEJANDRO ESCOVEDO live@Teatro Toscanini, Chiari (BS), 25 Marzo 2017






Sabato sera Alejandro Escovedo ha generosamente sciorinato nomi legati alla sua vita musicale che solo avendo avuto block-notes e penna con me riuscirei a ricordare perfettamente ora. Un elenco lungo ma in continua trasformazione. Ci provo: i Nuns, la sua prima formazione in pieno punk 77 che ebbe il pregio di aprire alcuni concerti  dei Sex Pistols, i tanti cantautori texani che aprirono la strada e quelli rimasti oggi come compagni di viaggio, l'amico Bruce Springsteen (ricordate il duetto 'Always A Friend'?, stasera suonata), la sua grande famiglia con i tantissimi fratelli musicisti, la favola maledetta di Sid Vicious e Nancy Spungen, gli amici italiani con il compianto Carlo Carlini in testa, il primo a portarlo in Italia, Chuck Berry recentemente scomparso e poi chissà quanti altri che ora mi sfuggono. Una memoria vivente degli ultimi quarant’anni di rock'n'roll-da non confondere con il rock patinato da prima pagina-con in mezzo le tante sfighe della vita, con la vittoria sull'epatite C da sfoggiare con l'orgoglio del combattente che ce l'ha fatta. I messaggi delle canzoni di Escovedo sono usciti chiari e forti: grazie al carisma e la bontà del texano, alla bravura dei musicisti che lo hanno accompagnato in questa data e in tutte le altre in giro per l'Europa, non ultima, alla buonissima acustica del Teatro Toscanini di Chiari. Uno spazio ricavato all'intero di una struttura scolastica che finché non ci entri, ti siedi e ascolti, non ci credi. Da buoni alunni con l'esperienza in tasca, ad aprire la serata sono stati i bresciani The Scotch, guidati dalla chitarra di Enrico Sauda: un rock blues tosto il loro, carico di groove e coinvolgente. Hanno giocato in casa e hanno portato casa la partita con disinvoltura. Bravi!
Il concerto di Escovedo, invece, è stato una lezione di songwriting rock, raccontata senza nessuna barriera. A porte aperte: nessuna frontiera tra Austin e Messico, Londra e New York, l’Italia e il mondo tutto, i pochi vincenti e i tanti vinti, il rock e il folk. Una nota di merito va sicuramente a Don Antonio (dietro c'è Antonio Gramentieri dei Sacri Cuori) e band ( Franz Valtieri, Matteo Monti e Denis Valentini) che hanno tramutato sangue, ruggine, polvere e petali di rose in musica, attraverso possenti e abrasive chitarre elettriche e dilatate ballate suonate come dio comanda. Nella mia personale lista delle migliori canzoni della serata metto: 'Sally Was A Cop’, 'Can't Make Me Run' e ' Down In The Bowery'. A proposito di Don Antonio: occhio al debutto in uscita ad Aprile, ricco di sapori mediterranei e già in heavy rotation nel mio stereo il giorno dopo il concerto. Era una domenica uggiosa, maledizione. Ma è stato un bel contrasto. Vincente.
Le stanze del Chelsea Hotel non sono più tutte prenotate, come quelle del 1978, la sua Austin gli è cambiata sotto quegli occhi veri e sinceri che ora la guardano con nostalgia, tanti amici sono emigrati  per sempre in altri posti lontani e sconosciuti, ma finché ci saranno chitarre, cuori e anime romantiche io ci credo ancora. L'ultimo disco BURN SOMETHING BEAUTIFUL è la testimonianza più diretta e convincente, comunque l'ultimo di un poker di album (REAL ANIMAL, STREET SONGS OF LOVE e  BIG STATION)  che lo hanno riportato ai vertici del cantautorato rock americano di questi ultimi anni.
Non è un caso che tutto sia finito sotto un uragano. 'Like A Huricane' di Neil Young, con la chitarra ospite di Giovanni Ferrario, è stata l'ultima ondata di una serata di grande rock. E mentre l'ultimo feedback aleggiava ancora nell'aria, Escovedo era già dietro al banchetto a firmare autografi, vendere i suoi cd e posare per le foto fino a tarda serata. Un esempio.


con Giovanni Ferrario

The Scotch

RECENSIONE: ALEJANDRO ESCOVEDO-Burn Something Beautiful (2017)
RECENSIONE: ALEJANDRO ESCOVEDO-Big Station (2012)




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