venerdì 27 novembre 2015

RECENSIONE:GARY CLARK JR. (The Story Of Sonny Boy Slim)

GARY CLARK JR. The Story Of Sonny Boy Slim  (Warner  Bros, 2015)






La prova del nove
Il texano Gary Clark Jr. sembra non volersi rinchiudere in nessuna gabbia nonostante il paragone con Jimi Hendrix pare comparire troppo spesso e fuorviare la realtà. Dopo gli EP d'esordio, il primo solista BLAK AND BLU (2012) e l'album LIVE (la sua dimensione ideale), la seconda prova in studio lo conferma come un cuoco di black music a 360 gradi. Nel pentolone bollente e speziato c'è di tutto: blues (The Healing), rock (Grinder), folk che affonda le radici nel gospel (Our Love), soul (Church, Hold On), funk (Star), hip hop (Down To Ride) e i gli umori sixties della saltellante e chitarristica Shake. Un po' Prince, un po' il primo e migliore Lenny Kravitz, un po' Sly Stone e soprattutto tanto rispetto per i vecchi padri del blues. Chitarrista sì ma anche buon autore (le 13 canzoni sono un concept autobiografico) e cantante con un prodigioso falsetto. Per qualcuno potrà essere troppe cose insieme. Ma lui fa dannatamente tutto bene! Nessun limite sembra il suo mantra...e come canta in Healing: la musica è la sua guarigione. Enzo Curelli 7   da Classic Rock #36 (Novembre 2015)



RECENSIONE: RYAN BINGHAM-Fear And Saturday Night (2015)
RECENSIONE: THE WHITE BUFFALO-Love And The Death Of Damnation (2015)
RECENSIONE: LANCE CANALES-The Blessing And The Curse (2015)
RECENSIONE: JACKIE GREENE-Back To Birth (2015)
RECENSIONE: LUCERO-All A Man Should Do (2015)
RECENSIONE: KEITH RICHARDS-Crosseyed Heart (2015)
RECENSIONE: GLEN HANSARD-Did'nt He Ramble (2015)
RECENSIONE: JESSE MALIN-Outsiders (2015)
RECENSIONE: TOM JONES-Long Lost Suitcase
RECENSIONE: RYAN ADAMS-1989 (2015)
RECENSIONE: NEIL YOUNG AND THE BLUE NOTE CAFE-Bluenote Cafè (2015)


domenica 22 novembre 2015

CALIBRO 35 live@Latteria Molloy, Brescia, 21 Novembre 2015

CALIBRO 35, live @ Latteria Molloy, Brescia, 21 Novembre 2015

Con il pianeta terra ricaduto all' altezza dei minimi storici, la nuova navicella spaziale dei CALIBRO 35 promette e mantiene un giro nello spazio inesplorato alla ricerca di posti migliori. Fuga in cerca d'evasione. Anche se per sole due ore, la vecchia Alfa Nuova Giulia grigia che girava, sgommando, per Milano negli anni '70 (Notte in Bovisa) mette i booster e vaga nello spazio a suon di space, rock, prog, funk e jazz. L'equipaggio è il solito: l'affidabile Massimo Martellotta alle chitarre, l'istrionico Enrico Gabrielli alle tastiere e fiati, il preciso Fabio Rondanini alla batteria, il marziano Luca Cavina al basso e l'uomo invisibile Tommaso Colliva in sala comando. Banditi su Marte, oggi. Alle vecchie canzoni si aggiungono le nuove del fresco S.P.A.C.E., disco registrato nei famosi Toe Rag Studios di Londra come fosse un film di fantascienza. Missione compiuta. Band avvistata nell' orbita della Latteria Molloy (sold out per l'occasione) ma ancora irraggiungibile.



martedì 17 novembre 2015

RECENSIONE: NEIL YOUNG (Bluenote Cafè)


NEIL YOUNG AND THE BLUENOTE CAFE’  Bluenote Cafè (Reprise, 2015)



La storia che si cela dietro a Bluenote Cafè, undicesimo capitolo degli archivi, riassume in tutto e per tutto i travagliati, ma sempre da riscoprire, anni ottanta di Neil Young. Questo doppio live, contenente numerose tracce mai pubblicate prima in nessun disco (tra cui Welcome To The Big Room, Doghouse, Bad News Comes To Town, Crime Of The Heart) sarebbe dovuto uscire esattamente quando fu registrato: dopo le numerose tappe del tour a supporto di This Note's For You (1988), tra novembre del 1987 e l'agosto del 1988. Il progetto era già a buon punto, poi tutto naufragò come spesso è successo nella sua carriera. "C'era un cambiamento in arrivo. Lo percepivo nelle ossa. Ero in tour con i Crazy Horse in America e suonavamo su palchi all'aperto in posti denominati Sheds, rimesse, luoghi da concerto molto in voga all'epoca. La prima parte della performance era acustica, poi diventava elettrica, ma nella parte centrale c'era una sezione di nuova musica che, in privato chiamavo Blue Horse...Nell'autunno del 1987 i Blue Horse-questo era il nome che usavamo fra di noi-furono presentati per la prima volta come The Bluenotes. Avevamo una sezione fiati molto funky e soul che mi era stata portata da Billy Talbot". Così Neil Young, in Special Deluxe (fresco di stampa qui in Italia), presenta la genesi che porterà all'incisione del disco live, poi messo da parte ("troppo bello per essere pubblicato", fu la finta scusa) appena la Geffen ritirò la causa contro Neil Young-non stava facendo dischi alla Neil Young gli fu accusato-lasciandolo libero di tornare alla Reprise e incidere un nuovo disco in studio che sarà appunto This Note's For You, album che, ancora una volta, segnerà un netto cambio di direzione musicale, esattamente come lo furono i precedenti Trans (1982), Everybody's Rockin' (1983), Old Ways (1985), Landing On Water (1986) e Life (1987).
This Note's For You pur presentando un Neil Young ancora una volta inedito, completamente immerso nel soul e nel blues, sulle vie tracciate dai suoi eroi blues con Jimmy Reed in testa, addirittura trasformato in una sorta di nuovo personaggio, tale Shakey Deal estrapolato da un ipotetico film girato nella sua testa e che mai vide lo schermo. This Note's For You ebbe il merito di riportarlo sulla retta via della musica sanguigna e calda, lontana dalla freddezza di shynth e vocoder, e dai dischi costruiti per ripicca e di getto, nonostante tra i maggiori pregi spicchi proprio la spontaneità. Anche se non tutto quadrava ancora per il meglio, Neil Young è in una fase creativa fruttuosa che lo consegnerà agli anni novanta in grandissima forma. Come già successe per Old Ways che venne rivalutato molti anni dopo grazie alle performance live contenute in A Treasure (2011), anche qui tutto ciò che su disco sembrava non andare (le accuse maggiori furono quelle di essere troppo levigato e poco rock) durante i live acquistava forza e vigore e la chitarra di Young graffia, affonda e allunga come ai vecchi tempi, pur se attorno si trova una schiera di trombe, tromboni, sax e non i fidi Crazy Horse, che in verità, inizialmente, dovevano essere della partita. Rimarrà solo Sampedro alle tastiere.
"Avevo anche dei problemi con i ragazzi dei Crazy Horse, Billy e Ralph. Li adoro, ma non funzionava o forse sì, ma non riuscivo a rendermene conto. Forse non capivo. Per una qualche ragione la band non girava, così iniziai a rimescolarla un po'..."
I sette minuti della cavalcata Crime In The City, e This Note's For You, un ironico attacco agli sponsor commerciali che, grazie al videoclip, trovò prima la censura di Mtv e poi il trionfo (portato dalla stessa Mtv), sono l'esempio più vigoroso e rock. Mentre il testo di Ten Men Workin' è il manifesto programmatico dei Bluenotes (sei fiati più Rick Rosas al basso, Chad Cromwell alla batteria e Frank Sampedro alle tastiere), Life In The City è un triste dipinto del degrado americano e un megafono per tutti i senzatetto delle grandi città. Il ripescaggio e il rivestimento soul della vecchia On The Way Home (Buffalo Springfield) e della vecchissima Hello Lonely Woman, risalente addirittura ai tempi degli Squires, primo gruppo del canadese, sono ottimi. e lasciano il segno. Neil Young e la sua big band sono un fiume inarrestabile: nella ballata di dodici minuti  Ordinary People, canzone che vedrà la luce solamente in Chrome Dreams II dove si  allungherà arrivando a toccare i diciotto minuti, nella notturna, jazzata e vanmorrisoniana One Thing, nell'ipnoticità oscura di Twilight, ma soprattutto nei venti minuti finali di Tonight's The Night che raggiunge vette epiche, unica vera concessione ai suoi grandi successi del passato e biglietto da visita che pochi possono concedersi. Peccato sia l'unico pezzo storico che ha goduto di questo rivestimento R&B.
"Fu un gran periodo, con la musica che scorreva e la big band che suonava ogni sera".
Io non posso che ripetere: è un gran disco, con la musica che scorre e la big band che suona alla grande. Il periodo è tutto da rivalutare e queste 24 canzoni ci aiutano a farlo, senza sforzi e in modo piacevole. Gli archivi continuano a confermarsi uno scrigno d'oro. Senza fondo.
voto 8

tutte le parole di Neil Young sono trattie da: Neil Young, Special Deluxe-Racconti di vita e di automobili (Feltrinelli, 2015)





RECENSIONE: NEIL YOUNG-A Treasure (2011)
RECENSIONE: NEIL YOUNG & CRAZY HORSE- Americana (2012)
RECENSIONE: NEIL YOUNG & CRAZY HORSE-Psychedelic Pill (2012)
RECENSIONE: NEIL YOUNG-Live At The Cellar Door (2013)
RECENSIONE: NEIL YOUNG-Storytone (2014)
NEIL YOUNG & CRAZY HORSE live @ Barolo, 21 Luglio 2014
RECENSIONE: NEIL YOUNG + PROMISE OF THE REAL-The Monsanto Years (2015)




lunedì 16 novembre 2015

HEYMOONSHAKER live@I Love Cocaine, Montichiari (Bs), 14 Novembre 2015

Dopo la lunga nottata di venerdi passata con la Tv accesa, e un sabato di rispettoso silenzio, tornare davanti ad un palco era la cosa buona e giusta da fare. In qualche modo si continua a vivere. Mi fermo qui: in questi giorni ho letto di tutto e di più. Il palco scelto è quello del l LOVE COCAINE, locale di Montichiari dall 'architettura assolutamente da scoprire (così come la scelta del nome, non pensate subito male: c'è un progetto dietro) dove si mangia e beve bene. Da qualche mese ha aggiunto una programmazione live interessante e non banale, un palco come si deve e un' acustica da paura. Vi presento gli HEYMOONSHAKER, un duo di Londra, nato casualmente nella lontana Nuova Zelanda, cresciuto in giro per le strade del mondo ma che probabilmente è ancora senza fissa dimora visto le numerose date già fissate. Girano con due chitarre, un ampli Orange, due microfoni e tanto affiatamento complice. Questo è tutto. Andy Balcon alla voce e chitarra (dobro e elettrica) e Dave Crowe, vero e proprio campionatore di suoni umano e un piglio da cabarettista in grado di tenere alta la tensione dello show, durato un'ora e mezza. Lo spettacolo che offrono è una riuscitissima commistione tra il vecchio blues delle radici a cui si aggiunge la voce calda, profonda e graffiante dell' introverso Balcon e la modernità (vecchia come il mondo) del beatboxing creato dalla bocca di fuoco dell'estroverso Crowe. Qualcosa di assolutamente unico che superata la diffidenza iniziale è capace di catalizzare l'attenzione e farti anche ballare, grazie alla capacità di coinvolgere il pubblico, frutto del loro passato ma anche presente da busker. Hanno presentato il loro ultimo lavoro in studio NOIR, e dire che è pieno di belle canzoni (tutte originali tranne quella 'Coz I Luv You' degli Slade) non basta a rendere l'idea, quindi se vi capitano sotto tiro dal vivo, il consiglio è quello di non perderli. Tenere in piedi il tavolo di uno spettacolo così, con sole due gambe non è da tutti. Loro lo chiamano beatbox blues, io lo chiamo grande talento (con quella sana spavalderia giovanile che non guasta mai).





martedì 10 novembre 2015

DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA # 7: PRIDE & GLORY (Pride & Glory)

PRIDE & GLORY Pride & Glory (1994)

Il disco rappresentativo di ZAKK WYLDE? Non ho dubbi nel puntare tutto su questo debutto solista sotto mentite spoglie. Durante una pausa dal sempre impegnativo ruolo di chitarrista per Ozzy Osbourne (suonò già su NO REST FOR THE WICKED e NO MORE TEARS), il biondo vichingo del New Jersey, allora ventisettenne, mise in piedi questo primo progetto con il bassista James Lomenzo (White Lion, Megadeth e visto recentemente in tour con John Fogerty) e il batterista Brian Tichy, subentrato a Greg D'Angelo. La vena compositiva del musicista Wylde, la sua Les Paul sempre in primo piano ma mai troppo debordante nel dettare il groove e negli assoli, e le doti vocali, non certo da sottovalutare, sono al loro massimo splendore, prima che il progetto Black Label Society, tra alti e basse ripetizioni, spazzi via tutto come un pesante carrarmato in discesa e la sua voce cerchi di scimmiottare Osbourne senza mai più raggiungere queste vette. PRIDE GLORY strizzava fortemente l'occhio al southern rock dei settanta in 'Losin' Your Mind' aperta da un banjo e in 'Cry Me A River' che sembra viaggiare sulle stesse strade dei CCR, si buttava a capofitto dentro a dei blues travestiti e torridissimi, tirati verso il basso da palle d'acciaio penzolanti da grosse catene di metallo pesante e arrugginito ('Horse Called War', 'Shine On', 'Toe'N Line', 'Machine Gun Man' spalanca le porte ai futuri BLS), ballate strappabudella ('Found A Friend' e le pianistiche 'Sweet Jesus' e 'Fadin Away') e country ('Lovin' Woman' e la scherzosa 'Hate Your Guts'). Fiero, reale e cazzuto come pochi. Da avere assolutamente.
Peccato sia rimasto un progetto isolato, anche se rimasugli li possiamo trovare in alcuni dischi successivi: ZAKK WYLDE, Book Of Shadows e BLACK LABEL SOCIETY, Hangover Music Vol.VI su tutti.
La ristampa in CD contiene cinque bonus tracks tra cui le cover di: 'The Wizard' (Uriah Heep), 'In My Time Of Dyin' (Led Zeppelin) e 'Come Togheter' (The Beatles).
p.s. Comprai il CD lo stesso giorno dell'uscita, il giorno dopo lo riportai al negoziante. Per qualche misterioso motivo non girava nel lettore. Lo sostituii con qualcos'altro. Pride & Glory lo ascoltai per la prima volta quando l'uragano del progetto BLACK LABEL SOCIETY aveva già inghiottito Wylde.







DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA # 1: FRANCESCO DE GREGORI- Titanic (1982)
DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA #2: THE HOUSEMARTINS-London 0 Hull 4
DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA #3: THE NOTTING HILLBILLIES-Missing...Presumed Having A Good Time
DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA #4: EDDIE HINTON-Very Extremely Dangerous (1978)
DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA #5: BIG COUNTRY-Steeltown, 1984
DISCHI DA ISOLA AFFOLLATA #6: TESLA-Five Man Acoustical Jam, 1990

mercoledì 4 novembre 2015

RECENSIONE: JOE ELY (Panhandle Rambler)

JOE ELY Panhandle Rambler (Rock’Em Records, 2015)






Autostop per il Texas
Texas Panhandle è la regione più a nord del Texas, la città più popolare è Amarillo, e uno dei suoi abitanti più conosciuti è Joe Ely, da poco insignito del titolo di musicista texano per l’anno 2016. Il Texas è terra di confine, landa di strade polverose, rotaie e deserti che Ely ha percorso migliaia di volte durante i suoi tour da 150 date l’anno, dagli esordi con i Flatlanders, il supergruppo condiviso con Jimmie Dale Gilmore e Butch Hancock, ai primi dischi solisti (HONKY TONK MASQUERADE, del 1978, il suo picco), al tour americano con i Clash del 1979 di cui fu promotore, fino al piccolo gioiello uscito nel 1995, LETTER TO LAREDO, che conteneva la celebre Gallo Del Cielo scritta da Tom Russell. Nessuno come Ely sa colorare di heartland rock e tex mex la desolazione di quei luoghi, dare dignità ai vagabondi che passano da lì (Borderless Love si carica il destino degli immigrati), dare una speranza ai sogni di chi ci è nato. Tra introspezione (Cold Black Hammer) e narrazione (Coyotes Are Howlin’), uno dei suoi lavori migliori in assoluto. Enzo Curelli 8 da CLASSIC ROCK #36 (Novembre 2015)



RECENSIONE: RYAN BINGHAM-Fear And Saturday Night (2015)
RECENSIONE: THE WHITE BUFFALO-Love And The Death Of Damnation (2015)
RECENSIONE: LANCE CANALES-The Blessing And The Curse (2015)
RECENSIONE: JACKIE GREENE-Back To Birth (2015)
RECENSIONE: LUCERO-All A Man Should Do (2015)
RECENSIONE: KEITH RICHARDS-Crosseyed Heart (2015)
RECENSIONE: GLEN HANSARD-Did'nt He Ramble (2015)
RECENSIONE: JESSE MALIN-Outsiders (2015)
RECENSIONE: TOM JONES-Long Lost Suitcase
RECENSIONE: RYAN ADAMS-1989 (2015)