lunedì 13 aprile 2015

RECENSIONE: DUKE GARWOOD (Heavy Love)


DUKE GARWOOD  Heavy Love (Heavenly, 2015)
 
“Uno dei miei artisti preferiti e una delle migliori esperienze di registrazione della mia vita”. Il miglior ritratto di Duke Garwood, cantautore e polistrumentista britannico, lo dipinge un generoso Mark Lanegan all’indomani dell’uscita di ‘Black Pudding’ nel 2013, album che vide la collaborazione tra i due. Garwood ringrazia: “ora sono più vecchio, sì, ma mi sento a mio agio. Lavorando con Mark ho trovato una marcia in più nel mio corpo, nella mia mente. Penso che si senta su ‘Heavy Love’. Complimenti meritati che si vanno ad aggiungere a quelli di tanti altri personaggi che contano: da Kurt Vile, a Greg Dulli, fino a Seasick Steve e Josh T Pearson. Tutti sembrano avere una buona parola per lui. Nato nel Kent rurale da una povera famiglia, a soli quattro anni riceve la prima chitarra, a cinque impara a suonare piano e violino, a diciassette inizia il suo viaggio, non ancora terminato. Garwood è un vagabondo della musica, un musicista che è stato in grado di assorbire input da ogni luogo che ha visitato: dalla Thailandia al Marocco a Parigi, fino alla deludente esperienza a Cuba sulle orme di Compay Segundo, Omara Portuondo  e "il sogno di Che Guevara. Ma non ho trovato niente di tutto ciò. E’ stato tutto molto deprimente, e sono tornato con qualche grave malattia della giungla, quasi morto. " Il suo blues è un concentrato di strade impervie, mai troppo comode ma permeate di magia e magnetismo d’altri tempi, in grado di catturare l’attenzione pur mantenendo sempre toni sommessi che sfiorano la più abissale profondità dei sentimenti umani. Più ombre che luci.
Un lento crescendo, minimale, costruito su una chitarra ondeggiante ed ipnotica e una voce quasi sussurrata ma che scava prepotentemente. In ‘Heavy Love’, il quinto album solista registrato nei Pink Duck Studio di Josh Homme a L.A., vi convivono le atmosfere desertiche degli amici Tinariwen nella ipnotica title track (con Jehnny Beth delle Savages alla seconda voce), quelle contemplative (‘Disco Lights’), confessionali  (‘Sweet Wine’) e notturne “penso che la maggior parte delle mie cose sia musica notturna. ‘Heavy Love’ è principalmente registrato nel corso della giornata, ma scrivo durante la notte, fatta eccezione per la title track”. Per chi è rimasto orfano e deluso dalle ultime derive new wave toccate da Lanegan, Duke Garwood è una valida alternativa assolutamente da ascoltare. Il momento è quello giusto: uscire dalla pur lucente invisibilità che ne ha segnato la carriera è diventato un suo diritto. (Enzo Curelli) da CLASSIX! #43 (Marzo/Aprile)


vedi anche
MARK LANEGAN BAND live @ Alcatraz, Milano 5 Marzo 2015

 

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