martedì 25 febbraio 2014

RECENSIONE: BOCEPHUS KING (Amarcord)

BOCEPHUS KING   Amarcord (Appaloosa Records/IRD, 2014)



Un passaporto alla cui scritta "segni particolari" segue un "cittadino del mondo libero". James Perry in arte Bochephus King, nomignolo scelto senza un vero perché dopo essere stato a Nashville, è uno spirito senza dimora che ha inseguito-sta ancora inseguendo-il suo sogno musicale, lo stesso sogno che da bambino lo portava a dire "volevo essere un detective o un predicatore". Oggi che gli anni sono diventati quelli della saggezza, essere un musicista è l'unico modo in cui riesce realisticamente a conciliare gli aspetti più importanti di quei due lavori, almeno nella sua testa, come racconta nello splendido libretto che accompagna il Cd e che l'italiana Appaloosa Records ha preparato per presentare nel migliore dei modi, al pubblico italiano, un cantautore totalmente fuori dagli schemi ma meritevole di tutte le attenzioni possibili. Testi tradotti in italiano, uno scritto di presentazione preparato dall'amico Andrea Parodi e un'autopresentazione scritta di suo pugno ci introducono nel suo personale, strano, istrionico e ricco mondo, ma non bastano a contenerlo tutto fino a quando non partono le note dell'iniziale On The Allelujiah Side, canzone presa dal primo disco Joco Music del 1996, registrato nella casa di famiglia in Canada, con pochi mezzi e tanti sogni in tasca. Da qui in avanti si capisce di più, e fidatevi, dopo il primo ascolto riiniziare da capo viene naturale. Buon viaggio. Un percorso a sedici tappe che attraversa una carriera che sembra aver camminato sempre in quelle zone franche e poco battute nascoste dietro alla curiosità musicale, l'esplorazione, la genuinità: quelle vie che dal nativo Canada portano agli States, alle terre del sud, e poi all'Europa, quelle periferie buie e pericolose ai margini della città, quei paesi costruiti lontano dall'umanità conformista, quelle spiagge libere e abbandonate dove girare nudi non è reato ma solo libertà. Bochepus King riesce a camminare nello stesso lato del marciapiede calpestato dal primo romantico e sognatore Tom Waits, per poi fermarsi in un diner e osservare il calare della sera e i passi delle persone; raccogliere gli umori gipsy di un Willy De Wille sotto il falò di un accampamento nomade; scannerizzare il lato desolante dell'America (Cowboy Neal e Willie Dixon God Damn dal suo ultimo album in studio Willie Dixon God Damn uscito nel 2011) come farebbero solo Townes Van Zandt, John Prine e Steve Earle o i grandi scrittori della beat generation, guidando sopra ud un van e girando in lungo ed in largo i grandi spazi; far brillare le desertiche allucinazioni alla Calexico come succede nella splendida Blues For Buddy Bolden, uno dei suoi tanti picchi artistici; condividere tutto l'amore per il cinema italiano di Fellini e le colonne sonore di Morricone (da qui Amarcord per il titolo dell'antologia) in una Eight And Half che si insinua tra pazzia e libertà, ma anche cercare tra gli anfratti del presente quei modernismi-comunque moderati-presentati in Goodnight Forever Montgomery Clift  e Jesus The Bookie estrapolati dall' album All Children Believe In Heaven, che ci mostrano anche il suo lato più soul e gospel.
Bocephus King è tutto questo e molto di più: dentro ai suoi testi carichi di immagini, visioni e quel velo di mistero che sempre affascina e incuriosisce, c'è la vita.
Fino ad arrivare ad una splendida e originale versione di Senor, estrapolata da Street Legal, disco di Dylan che adoro in tutto e per tutto e che lo stesso Bochephus dice di aver risuonato per intero in compagnia di un manipolo di musicisti indiani conosciuti per caso in un locale. Dylan è il suo idolo da sempre e prima o poi farà uscire il suo personale omaggio, come già fa nei suoi comunicativi concerti.



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