domenica 21 luglio 2013

RECENSIONE: I LUF (Mat e Famat)

I LUF   Mat e Famat (PSP, 2013)

Lo spirito totalmente indipendente dei lupi della Valcamonica è sempre più forte e contagioso, degno di rispetto e spero imitabile da tanti altri; in grado di raccogliere, nel tempo, sempre più input anche internazionali e farli loro, perché no, come fanno con il motto di Steve Jobs "Stay hungry stay foolish", piazzandolo come titolo del loro sesto disco in carriera (escludendo raccolte, tributi e live) o come permettersi di chiudere l'album riprendendo pure uno degli ultimi inni-ben riusciti-creati da Springsteen, la contagiosa danza irish American Land, trasportarla nella loro valle di legno, incollarci sopra un nuovo testo in dialetto camuno facendola diventare La al de legn, e nonostante tutto restare fedelissimi alla loro visione musicale che rispecchia il carattere del loro capobanda Dario Canossi, autore di tutti i testi, equamente divisi tra italiano e dialetto camuno. Nei loro dischi c'è sempre il tempo per l'aggregazione goliardica ma c'è anche quello della riflessione, come del resto succede nel corso della vita quotidiana di ognuno di noi, mettendo sempre in primo piano il rispetto per le tradizioni-mai da dimenticare- e le persone, non ultimi i loro fan che possono contare su un trattamento privilegiato grazie al lavoro grafico e di digipack eccezionale, come sempre, che emana sincero amore artigianale, riuscendo a sostituire il fascino-ormai perso-dei vecchi dischi in vinile che spesso erano capolavori di packaging.
Tra questi due estremi americani (Steve Jobs e Bruce Springsteen), tutto il loro colorato universo musicale fatto sia di tanto combat folk da danza sfrenata come l'iniziale Oroloi, l'invito al ballo servito sul piatto d'argento da fisarmonica e cornamusa in Quando La Notte piange con l'ospitata di Cerno dei Vad Duc, la danza country/irish di Trebisonda con il contagioso violino di Alberto Freddi a condurre le danze e la voce ospite del cantautore Daniele Ronda e poi tanto divertimento come avviene nel veloce, ironico e battente viaggio "on the road verso un futuro migliore" di Camionisti; o di quelle canzoni che recuperano sia  vecchie tradizioni legate indissolubilmente al territorio, alla natura, ai costumi popolari (Vecchio Lupo, la "gucciniana" Anche Tu) che alle guerre che hanno segnato i primi cinquant'anni dello scorso secolo ma ancora troppo vivide e patrimonio comune per essere dimenticate troppo in fretta: Barbos Barbel Barbù, veloce folk da campagna che narra di chi, sfuggito alla guerra in modo scaltro, poteva dire "ho finito la guerra prima di cominciarla", e la triste vicenda di chi invece la battaglia l'ha combattuta veramente come i nove partigiani uccisi dai nazifascisti e traditi da una spia a Pontechianale nel 1944 che ha ispirato Giuda della Neve.
Storie anche attuali: il percorso d'acqua del fiume russo Don fa da ponte tra i vecchi alpini italiani che vi trovarono la morte nelle nefaste "campagne di Russia" e i giovani sovietici di oggi che lo affrontano controcorrente in fuga per un brandello di libertà (Lungo la linea del Don), c'è il loro ricordo di Vittorio Arrigoni in Ballata per Vik- la mamma Egidia Beretta ha collaborato alla stesura del testo- dove il suo motto "rimaniamo umani" diventa chorus per l'eternità, in stile MCR.
Con un occhio di riguardo sempre vigile verso il folk, quello up tempo (Mat e Famat) e quello cantato a voce bassa come in Ninna Nanna, per tutti quei bambini che si addormentano con i papà lontani e aspettandone il ritorno.
Mat e Famat  sembra essere il disco della maturità, costruito bilanciando in modo perfetto il lato più "godereccio" e istintivo della loro musica con quello cantautorale, più pensato e riflessivo, memore del buon lavoro fatto in I Luf Cantano Guccini, ma restando assolutamente fedeli ad un approccio primordiale alla musica, costruita ancora con tre ingredienti basilari: gli strumenti tradizionali-banjo, mandolino, ukulele, washboard ( Sergio Pontoriero), batteria (Sammy Radaelli), chitarra acustica (Cesare Comito), basso e contrabbasso (Matteo Luraghi), fisarmonica (Lorenzo Marra), flauto, cornamusa (Pier Zuin)-vere storie e tanta passione. Folk. Una girandola di colori/emozioni che sembra girare seguendo la diversità del corso delle stagioni e se qualcuno può giustamente obiettare che le stagioni non esistono più, invitatelo ad essere matto e affamato con il disco in sottofondo ed il bel libretto in mano, cambierà presto idea.




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