martedì 16 luglio 2013

RECENSIONE:HOGJAW (If It Ain't Broke...)

HOGJAW  If It Ain't Broke... ( Swampjawbeamusic, 2013)

Non era necessario intitolarci il disco. Il motto "se non è rotto...non cambiarlo" sembra calzare a pennello alla band sudista proveniente dall'Arizona che arriva al quarto disco ad un solo anno di distanza dal precedente Sons Of Western Skies, e nulla sembra essere cambiato nella filosofia della band, portatrice sana di buon southern rock senza steccati di genere, muscoloso e pulsante, capace di scuotere sederi con trascinanti southern boogie (One More Little One, Devil's Eyes) quanto colpire con pesanti fendenti come la veloce e "metallosa" Cold Dead Fingers che pare uscita dalle chitarre dei Metallica periodo Load (recentemente rivalutato, il tempo aiuta). Proprio il ritrovato nerbo, in parte assente nel precedente disco-a modo loro più vario e sperimentale-avvicina queste nuove dieci canzoni più al secondo Ironwood un disco che lasciava poco di intentato forte della sua bruciante commistione tra il vecchio e terroso southern rock (dai classici Lynyrd Skynyrd ai più pesanti Doc Holliday) e le frange più sudiste dello stoner anni novanta (Alabama Thunderpussy, Clutch) e che tutt'ora sembra il loro masterpiece insuperabile.
Gli Hogjaw continuano la carriera in modo totalmente indipendente, suonando fieramente con un unico scopo come mi disse l'anno scorso il bassista di lontane origini italiane  Elvis DD: "queste canzoni non le ascolterai molto spesso in radio, ma ai nostri fans piacciono perchè fanno compiere loro molti viaggi mentali ed è quello che vogliamo fare con la nostra musica; portarli fuori dai loro uffici, dalle loro case, farli viaggiare nelle highways, portarli a pescare, ai party mentre si ubriacono, insomma divertirli." Frasi pronunciate per presentare le canzoni del precedente disco ma che vestono bene sopra a queste nuove, e sicuramente anche a quelle che arriveranno in futuro. "Se non è rotto... non cambiarlo". Tutto chiaro, no? La carovana "on the road" prima di tutto, ed è proprio da lì che nascono le migliori storie di vita da riversare in musica: un grosso pick up sempre pronto e carico, casse di Marshall e alcol, reti e canne da pesca, strade impervie e tanti km da macinare. Il classico gruppo che non vorresti mai incontrare al buio nell'area di sosta di una highway, ma dopo i canonici cinque minuti spesi per la conoscenza, ti ritrovi seduto con loro a dividere cheeseburger e birra.
L' ormai super collaudata formazione, che resiste fin dai tempi delle scuole superiori frequentate a fine anni ottanta, non ha cambiato molto se non essere riuscita a coronare il sogno di girare il mondo con la propria musica, seguitare a sporcarsi le mani con il duro lavoro sopra agli strumenti, e continuare a rilassarsi con la pesca, il loro hobby prediletto. Accanto ai riff squadrati di Built My Prize, alla solidità di '83 condotta dalla possente voce del cantante e chitarrista Jonboat Jones (completano il secondo chitarrista Greg Self e il batterista Kwall, anche  voce in un paio di episodi ),e di The Wolf part I, spiccano la strumentale fluida seconda parte di questa (The Wolf part II) che raggiunge meravigliose vette psichedeliche, la chitarra alla Carlos Santana che illumina di radiosi raggi Shiny Brass, la melodia che si impossessa di Am I Wrong? e la finale ubriacatura di Beer Guzzlin' Merican un nuovo inno da bancone dal coro contagioso e imbevuto di luppolo.
Tra le più vivide realtà del southern rock contemporaneo sempre con un piede nel passato e uno poco più avanti, ma non di molto. Non cambiate mai che nulla si è  ancora rotto.




INTERVISTA:  HOGJAW Marzo 2012





vedi anche RECENSIONE: HOGJAW-Sons Of Western Skies (2012)




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