mercoledì 12 settembre 2012

RECENSIONE: BHI BHIMAN ( Bhiman )

BHI BHIMAN   Bhiman ( Boocoo Music, 2012)

Perchè vanno bene i grandi miti della musica rock, quelli passati a miglior vita che ogni giorno si sorprenderanno leggendo la loro rivista musicale preferita fuori dall'edicola del paradiso/inferno, trovando ancora il loro nome legato alle ennesime vicende della loro normalissima vita terrena elevate a racconti da odissea; perchè vanno bene i bollettini giornalieri delle rockstar ancora in vita, elevati a  santi prima ancora di morire; perchè va bene una settimana (e più) di sbornia totale-meritata- con il nuovo Bob Dylan e Ian Hunter, ma là fuori, quelli che continuano a tenere in vita la musica di questi eroi del rock-vivi e defunti- sono i musicisti, quelli giovani, quelli che "sì, però assomiglia a questo e a quello". Hai voglia a scrivere.
Questo perchè, sarebbe un delitto scrivere dell'ennesimo concerto scandinavo di Springsteen o analizzare ancora una volta, nei minimi dettagli, la copertina di Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band e non dedicare qualche parola ad un talento come Bhi Bhiman. Negli Stati Uniti, questo suo secondo disco( il primo fu Cookbook-2007), intitolato semplicemente Bhiman, è già uscito a gennaio e ha fatto incetta di numerose critiche positive. A Ottobre dovrebbe uscire anche in Europa.
Leggendo la sua biografia, l'unica cosa che rimane impressa è il suo paese d' origine: lo Sri Lanka. Concepito da genitori asiatici, Bhiman nasce e cresce negli Stati Uniti a St. Louis, con il grunge degli anni novanta nelle orecchie, come tanti della sua età. Il suo talento musicale, invece, lo riverserà nel folk/blues, sfruttando la sua potente e particolare voce d'impronta soul, scoprendo Richie Havens. Ragazzone dalle idee chiare e concise che tiene a precisare che mai avrebbe preso parte ad un talent show, solamente per mettere in mostra il suo talento vocale e cantando cose in cui non crede. Così come dice in una intervista.
E' proprio la voce, la prima cosa che ti colpisce ascoltando le canzoni. Successivamente arrivano i testi in cui gioca ad immedesimarsi in tanti personaggi in modo ironico e giocando con le parole, infine le melodie immediate e vincenti. Roba da rimanere fulminati al primo ascolto.
Passa poca differenza tra le solitarie canzoni folk per sola voce e chitarra come nel lo-fi voluto in Atlatl, in Kimchee Line che narra la vita, vista dalla parte di un prigioniero nord coreano, nell'accecante gelosia tra due innamorati raccontata in Crime of Passion, ed una Take What I'm Given che sembra appena uscita, in libera uscita, da una session alla Big Pink House in compagnia di The Band e Bob Dylan. I suoni della sua personale cantina.
Perchè quando Guttersnipe, folk/blues che apre il disco, parte lentamente come il treno appena visibile in copertina e quello del testo che vuole portarci in cerca di noi stessi come l'hobo che ne è protagonista, ti accorgi che Bhiman qualcosina in più lo ha veramente. La corsa aumenta di ritmo, i suoi vocalizzi penetrano e Ben Tudor al basso, Gabe Turow al cajon e percussioni e Sam Kassirer al piano e organo sono ottimi compagni di viaggio. Gli accostamenti a Van Morrison non possono che far piacere.
Nella breve strumentale Mexican Wine riesce a mettere in mostra il suo particolare talento chitarristico fingerpicking, mentre la storia di Ballerina sembra mischiare l'antico west e i primi del novecento, tra matrimoni impossibili, sparatorie e fughe rocambolesche. 
Uno di quei rari dischi che mi hanno colpito al primo ascolto e che ho ascoltato ininterrottamente per una giornata intera, consumando la scritta del tasto play; venendo meno a quella legge (non scritta) che vuole i dischi troppo immediati, traditori nel tempo. Questo non lo farà, ne sono certo. Dopo il disco di Lee Bains III & the Glory Fires, questa è l'altra bella "giovane" sorpresa dell'anno.
Forse sto esagerando, ma per i miti del rock c'è sempre tempo. Tanto ci aspettano nell'aldilà, fuori dall'edicola.





 

Nessun commento:

Posta un commento