sabato 11 agosto 2012

RECENSIONE: THE REVEREND PEYTON'S BIG DAMN BAND ( Between The Ditches)

THE REVEREND PEYTON'S BIG DAMN BAND  Between The Ditches  (SideOneDummy, 2012)

Se mai un giorno mi dovessi ritirare in una sperduta e verde campagna a godermi la vita, alla prima festa di compleanno organizzata in fienile, tra un barbecue e boccali di birra, per allietare i miei ospiti chiamerei la sgangherata band dell'ingombrante Reverend Peyton. Sicuro che la mia casa nella prateria possa diventare, da quel giorno, il luogo più invidiato e temuto della vallata. Proprio come in un loro recente video dentro ad un pollaio. Già me li vedoThe Reverend Peyton's Big Damn Band prendere il primo treno in partenza da Brown County nell'Indiana: valigie piene di paglia e adesivi, macchiate di sterco e urina di suino a testimoniare l'infaticabile attività concertistica nei luoghi e posti più sperduti ed impensabili (se 250 date all'anno vi sembran poche). All'interno delle valigie, l'inseparabile slide resofonica legata con le bretelle di scorta ed una canotta bianca di ricambio, la washboard della moglie-della sua stessa stazza- la signora Washboard Breezy Peyton e la batteria essenziale di cugino Aaron"Cuz" Persinger.
Il gruppo, con il suo quinto album di studio in carriera, non cambia di una nota l'approccio genuino e diretto che lo ha contraddistinto fin dalla prima uscita datata 2004, se non rallentare leggermente i ritmi, anche grazie alla collaborazione del produttore Paul Mahern. Una festa un poco più mesta, questa volta. Poco. Poco originali e sempre uguali a se stessi, si potrà anche obbiettare, ma fedeli e coerenti con la loro missione di rivisitazione. Josh Peyton ha firmato il contratto con quel diavolo del blues a quindici anni, folgorato dal Delta Blues di Charlie Patton a cui recentemente ha dedicato, in solitaria questa volta, un intero album Peyton on Patton(2011), ma soprattutto da un divino intervento chirurgico alla mano che lo ha benedetto a nuovo mago del fingerpicking, proprio come il suo idolo.  Da allora non ha mai smesso di celebrare la sua messa rustica, anzi, ha coinvolto la moglie e il fratello, poi sostituito dal cugino: se non è attaccamento alla famiglia, questo?
Un turbine indomabile dove Delta blues, Bluegrass, Hillbilly, Country e Americana si combinano e scalciano come mandrie di bufali inferociti sotto la tortura rumoristica di una infaticabile Washboard che grattugia dall'inizio alla fine mentre il nostro reverendo suona e canta con la sua voce baritonale da orco paterno.
Un immaginario fatto di canonica tradizione blues (Devils Look Like Angels, Move Along Mister), macchine e motori con l' umoristica dedica al suo pickup vintage "Chevy Cheyenne" - ben immortalato in copertina e all'interno-in Big Blue Chevy '72, fughe rocambolesche e inseguimenti in strada (Between the Ditches) e incidenti di percorso (Brokedown Everywhere); ma che sa  toccare anche il sociale e il presente usando lo humor che lo contraddistingue nel suo profetizzare il cambiamento economico  del mondo nell'approccio da AC/DC di campagna di Shake 'Em Off Like Fleas e la smania di possesso imperante in Something For Nothing e The Money Goes con tanto di armonica sbuffante; raccontarci qualcosa del suo modo concreto di intendere la vita (nell'up-tempo a tutto slide di Easy Come Easy Go) e la fede nel mid-tempo di I Don't Know e Don't Grind It Down con il mandolino impazzito.
Tra il veloce e scatenato bluegrass di Shut The Screen, il sentimentalismo "da orso" di We'll Get Through e la vena nostalgica della finale ed acustica Brown County Bound, il mio fienile di campagna si sta incendiando proprio come quello raffigurato sulla copertina del loro precedente The Wages(2010). Il treno di The Reverend Peyton's Big Damn Band è pronto a ripartire per un altra tappa. Il loro umile segno lo hanno lasciato anche stavolta. 

2 commenti:

  1. Ciao, grande gruppo e bella recensione. Il disco si trova facilmente??
    Io abito poco fuori Milano

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  2. Ciao...in qualche buon negozio di dischi import puoi trovarlo o farlo arrivare senza problemi. Tipo da Carù a Gallarate(VA) o Paper Moon a Biella.

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