venerdì 13 luglio 2012

RECENSIONE: OLD CROW MEDICINE SHOW ( Carry Me Back )

OLD CROW MEDICINE SHOW  Carry Me Back (ATO Records, 2012)

Le lettere marchiate a fuoco sulle tavole di legno iniziano ad assumere significato quando i tarli iniziano la loro opera di invecchiamento.
Gli Old Crow Medicine Show lo sanno bene fin da quando nel 1998 si formarono in quel di New York pur avendo base, da sempre, a Nashville. La loro opera di svecchiamento delle antiche tradizioni musicali americane ha fatto proseliti ed ha attecchito-proprio come i tarli-in centinaia di giovani band americane in questo ultimo decennio. Loro partirono proprio dallo spirito dei vecchi Medicine Show, rubandone il nome (gli spettacoli itineranti che fin dall '800 portavono in giro per le città americane i prodotti medicinali-apparentemente più miracolosi- reclamizzati grazie all'ausilio di spettacoli teatrali e musicali-un carosello televisivo ante litteram-), suonando vecchi traditionals senza tempo utilizzando solo strumenti a corda (Kevin Hayes al Guitjo-sorta di banjo percussivo-, Morgan Jahning al basso, Gill Landry al banjo,dobro e chitarra resofonica, Keith Secor al violino e banjo, Willie Watson alla chitarra e banjo e Cory Younts al mandolino, chitarra e tastiere)  ma con lo spirito battagliero da punk band che con gli anni non si è affievolito ma affinato sì. Grazie anche al precedente  Pusher Tennessee(2008) prodotto da Don Was che riuscì nell'impesa di smussarne gli angoli più appuntiti e grezzi, trasformandoli in una band senza tempo, segnando il loro passaggio adulto. A qualcuno questo passaggio non andò giù, ma inevitalbilmente si cresce. Genuinità sempre presente ma più controllata e pulita. 
Così come senza tempo rimangono i loro testi. Gli Old-times traditionals, gli appalachian bluegrass, pre-war blues e folk dei primi album, con gli anni, si sono trasformati in canzoni originali che mantengono l'antico spirito narrativo, sia che esplorino la vecchia e dimenticata vita rurale nel  country di Country Gal o in We Don't Grow Tobacco, duro lavoro di campagna e vecchi campi seminati  che i giovani non calpestano più; ancora campi sullo sfondo, sporchi di sangue, ma questa volta sono quelli di battaglia della guerra civile nell'irish folk che apre il disco Carry Me Back to Virginia; storie di raggazzi di montagna che esplorano la vita in Bootlegger's Boy e che hanno problemi con la legge nel velocissimo ed indiavolato bluegrass di Mississippi saturday Night guidato dall'armonica  di Ketch Secor e nel fiddletune di Sewanee Mountain in Catfight, con un incontenibile violino. Ma anche attualità, nella commovente storia di Levi, loro fan morto nella guerra in Iraq nel 2009, divertimento, nelle atmosfere ragtime da primi del novecento in Steppin' Out e romanticismo nella cullante Genevieve e nella ballata folkie Ain't It Enough. 
Ways Of Man chiude come solo uno stagionato e saggio Willie Nelson potrebbe fare: riflessiva e sommessa analisi sul senso della vita con Critter Fuqua (tra i fondatori della band e a quanto pare reintegrato in formazione) e Jim Lauderdale ospiti alle voci.
Prodotto da Ted Hutt (già al lavoro con Flogging Molly, Lucero e Gaslight Anthem) e registrato al Sound Emporium di Nashville, Carry Me Back è la conferma che gli Old Crow Medicine Show, a parte qualche episodio tirato, non sono più gli scavezzacollo incontrollabili di inizio carriera ma un band che ora è in grado di attraversare tutta l'America da nord a sud, raccogliere dimenticate storie, inciderle sul legno e aspettare con pazienza che i tarli entrino in azione.







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