mercoledì 30 maggio 2012

RECENSIONE: NEIL YOUNG & CRAZY HORSE (Americana)

                                                                   
NEIL YOUNG & CRAZY HORSE   Americana ( Reprise Records, 2012)

L'ultima istantanea dall'universo younghiano.
Di archivi, Neil Young è un intenditore. Un navigato topastro d'archivio. Non pago di sguazzare in mezzo a nastri e bobine delle sue composizioni archiviate nel fantomatico museo personale che è il suo Broken Arrow Ranch, il buon canadese ha pensato di dare una spolverata anche agli archivi del musichiere della tradizione americana, lui nato a Toronto in Canada. Per dare più sale ad un'altra delle sue bizzarre idee, ha richiamato in studio i Crazy Horse al completo, cosa che non accadeva dall'incisione di Broken Arrow(1996). Ecco che l'attenzione su un disco di semplici cover è catalizzata e assicurata. C'è chi adora Young ma non sente un suo disco da un decennio (qualcuno sicuramente anche da più tempo), c'è chi lo adora, non si perde un'uscita, colleziona i suoi dischi ma difficilmente riesce a digerirli tutti, e chi fagocita tutto in preda a devozione maniacale.
L'ultimo e minimale Le Noise(2010) insieme a Daniel Lanois aveva stupito e brillato, A Treasure(2011) ha riportato lustro, attraverso il recupero di esibizioni live, ad un periodo non propriamente memorabile della sua carriera negli anni ottanta, l'idea bizzarra dietro ad Americana, incuriosisce, cattura e alla lunga convince, e porta  l'ultimo periodo musicale di Young dalla parte del segno positivo dopo alcuni dischi non  entusiasmanti come il pretenzioso Greendale, le istantanee affrettate di Living with War e Fork in the Road.
Neil Young come un ragazzino alle prime armi si butta brutalmente su standard della musica americana con spietata irruenza, avvicinandosi in alcuni frangenti all'intemperanza di Ragged Glory (1990) e continuando a portare avanti la sua idea di catturare l'immediato e darlo in pasto a tutti.
Oh Susanna è una canzone di Spephen Foster datata 1948 che anche in Italia abbiamo imparato a conoscere fin da bambini attraverso i "film dei cowboy americani" che uscivano giornalmente dalle televisioni in bianco e nero. Questa versione si ispira, come tutto il disco (parole di Neil), alla versione fatta da Tim Rose nel 1963 e uscita nel 1964 sotto il nome Tim Rose and the Thorns. Tim Rose in quel periodo diede vigore rock'n'roll a molte vecchie canzoni folk e i Crazy Horse ne seguono indubbiamente l'esempio. Quando si sentono i primi feedback di chitarra, capisci che i Crazy Horse sono tornati.
Neil Young era ritornato a suonare con Ralph Molina (batteria), Frank Sanpedro (chitarre) e Billy Talbot (basso) in occasione del gran galà in onore di Paul MacCartney nel febbraio di quest'anno, annunciando i nuovi progetti, tra cui Americana, appunto. Young e i Crazy Horse non suonavano insieme, sopra ad un palco dal 2004, mentre per ritrovare le ultime incisioni in sala di registrazione bisogna arretrare a Broken Arrow del 1996 (su Greendale-2003, mancava "Poncho" Sanpedro)
"Un collegamento fra le canzoni che rappresentano un America che non esiste più. Le emozioni e gli scenari che stanno dietro queste canzoni risuonano ancora oggi in quello che sta succedendo nel nostro paese. I testi riflettono uguali preoccupazioni e sono ancora significativi per una società che sta passando all’interno di sconvolgimenti economici e culturali. Queste canzoni sono struggenti e potenti, oggi come il giorno che sono state scritte".
Capita così di imbattersi in una corazzata Clementine, in origine Oh my Darling,Clementine, una ballata folk della seconda metà dell'ottocento, che diventa pericoloso strumento di guerra. Canzone per un perduto amore: fidanzata o figlia non si è mai capito. Dalla storia e testo un po' controversi che nel tempo si trasformò in una canzone per bambini. La versione è pesante e tosta con la batteria di Molina che picchia duro ed i cori ficcanti (molto presenti su tutto il disco). Tambureggiante e tribale discesa in campo dei nativi americani.
Tom Dula, più conosciuta come Ton Dooley e portata  al successo dal Kingston Trio negli anni '50 è in verità una canzone di metà '800 basata sui racconti di Laura Foster ispirati dal suo amore per Tom Dula, veterano di guerra. Musicalmente riprende la versione dei The Squires, tra le primissime band in cui militò Neil Young. Difficile riconoscere la nenia country dell'originale, surcalassata dalle chitarre e da un coro ossessivo che ripete all'infinito"Tom Dula". Penalizzata dall'eccesiva lunghezza monocorde: otto minuti.
La versione più famosa di Gallow Pole, vecchia folk song (The Maid freed from the Gallows) che narra di una donna condannata a morte, l'hanno rifatta i Led Zeppelin in Led Zeppelin III, rifacendosi a Leadbelly. Ma Young si basa sullla versione interpretata da Odetta. Chitarre elettriche duellanti che accompagnano l'andatura sbilenca.
Get a Job è più recente, racconta di un uomo costretto a mentire alla moglie perchè non riesce a trovare un lavoro. Fu registrata da The Silhouettes nel 1957, canzone doo-wop che mantiene sostanzialmente le caratteristiche dell'originale. Il momento più divertente e rilassato del disco con bizzarri cori e contro cori.
Travel on (in orgine Gotta travel on), dalle lontane origine britanniche, si basa sulla versione del 1958 fatta da Billy Grammer, storia di un uomo costretto dalle vicissitudini a viaggiare in lungo e in largo per l'America. Ruvido country/rock chitarristico da bettola, viaggio e ritorno in bettola per la nottata.
High Flyin' Bird, canzone di vita, libertà e morte. Scritta da Billy Edd Wheels e suonata dai The Company, uno dei primi gruppi di Stephen Stills e dai The Squires nel 1964. Young si ispira a quest'ultima versione del suo vecchio gruppo. Canzone tesa, dove esce il lato migliore dei Crazy Horse: garage rock chitarristico ed incalzante con una splendida chiusura. Vecchie intese ritrovate e mai andate in soffitta. 
Ancora i Crazy Horse sugli scudi nella terremotante versione di  Jesus Charlot ( in origine Jesus Charlot-She'll be comin' round the mountain), feedback e batteria in assetto da guerra. La migliore canzone del disco per chi scrive. Nata come canto spirituale nero con il tempo si è trasformata in una filastrocca per bambini. Diverse le interpretazioni del testo: la seconda discesa di Cristo in terra o l'arrivo della fine del mondo? Risposta: il ritorno dei Crazy Horse!
This Land is your Land di Woody Ghutrie non ha bisogno di troppe presentazioni. Datata 1944 è una delle canzoni folk più eseguite di tutti i tempi. Lo stesso Ghutrie ne cambiava spesso il testo. In questa versione viene recuperato il primo manoscritto. Ospiti alla voce la moglie Pegi e Stephen Stills. Nessuna grande sorpresa per una canzone che viaggia nella sicurezza della coralità.
Wayfairing Stranger, conosciutissima e ripresa da tantissimi ( da Johnny Cash a Jack White) è una vecchia folk song del diciannovesimo secolo. Questa versione si basa su quella del 1944 di Burl Ives ed è eseguita quasi in solitaria da Neil Young. Corta ed intensa, con una sentita e grande interpretazione di Neil. 
A chiudere God Save the Queen, inno britannico con qualche radice americana, incalzante come una marcia militare, chitarre ad eseguire il famosissimo riff ed un coro di tantissimi elementi (tra cui bambini) in grande evidenza.   
Curiosa anche la storia dietro alla copertina: vecchissima foto dei primi del novecento che ritraeva Geronimo ed una vecchia automobile. Nel 1975 fu modificata, sostituendo le facce originali con quelle di Young ed i Crazy Horse. Non fu mai usata. Ora è rispuntata. Eccola qua (accompagnata da un piccolo ed esaustivo libretto con tutti i testi). 
Brusii, risate e voci prima e dopo le canzoni, riportano i tempi indietro, alla primaria genuinità, quando Neil Young ed i suoi Crazy Horse si identificavano con la miglior musica prodotta dentro ad un garage e di fianco ad un fienile, con tutte le sue imperfezioni. Watts che trasportati sopra ad un palco erano terremoto. A parte la spavalda giovinezza, i ragazzi non hanno perso nulla per strada e Americana (prodotto dallo stesso Young insieme a John Hanlen e Mark Humphreys) potrebbe essere solo il preludio a qualcosa di veramente nuovo. Another Year of the Horse? Sempre dura ed impegnata la vita per i biografi di Neil Young.









3 commenti:

  1. il re mida della musica. ciò che tocca viene trasformato in oro. FOREVER YOUNG!!!!

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  2. Complice anche questa recensione ha acquistato il dischetto in questione, purtroppo. Fa il paio con il l'uscita di Bonnie "Prince" Billy in compagnia dei Tortoise : indifendibile ! Comunque, la musica, come la vita, è una questione di soggettività ... Ad "Americana" ho fatto fare il volo dalla finestra ... Soldi buttati.

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  3. A me sto disco continua a piacere!!! caspita potevi ascoltartelo prima in streaming da qualche parte...io non ti rimborso ahaha ;)
    Cmq hai ragione...(Mai fidarsi)...tutta "questione di soggettività"!!!

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