venerdì 18 maggio 2012

RECENSIONE: DEAD FINGERS ( Dead Fingers)

DEAD FINGERS  Dead Fingers ( Big Legal Mess,Fat Possum Records , 2012)

Come si dice? Tra moglie e marito, non mettere il dito? Se poi la coppia è giovane e bella, io ci aggiungo brava, l'indice possiamo usarlo solamente per azionare il tasto play dell'autoradio sul cruscotto della macchina. I Dead Fingers (toh..."dita morte"-sembra che il nome derivi da un innocente giochetto per bambini, fatto con le mani-) ti accolgono in modo carezzevole e gentile in un parcheggio in quel di Birmingham-Alabama- e ti stupiscono con l'avanzare dei chilometri, quando salito in macchina, hai dato loro la confidenza necessaria per lasciarti guidare, con fiducia, per le strade del sud.
I Dead Fingers sono Taylor Hollingsworth, appena trentenne, già con alcuni dischi solisti alle spalle e conosciuto più per essere il chitarrista nel primo omonimo e bel disco solista di Conor Oberst (2008) e nel progetto, sempre di Conor Oberst con the Mystic Valley Band, culminato con l'abum-meno riuscito- Outher South (2009), e freschi di uscita con la raccolta di inediti One of my Kind; e sua moglie Kate Taylor Hollingsworth, sorella della cantante, poco più grande ma più conosciuta, Maria Taylor, per la quale Taylor (il marito) suonò e già apprezzata con i Bright Eyes e il duo Azure Ray. Kate, cantante e polistrumentista, è cresciuta in una famiglia di musicisti, normale per lei trovarsi a girare per casa e scontrarsi con batteristi e chitarristi. Uno di questi, un giorno, fu Taylor.
Taylor e Kate si conosco fin da ragazzini, ma ora che sono anche una coppia di fatto è stato quasi inevitabile unire le esperienze e le passioni musicali.
Sul palco, si presentano spesso da soli, oppure due chitarre più un batterista, con Kate che tiene il tempo battendo le mani sul lato della chitarra."Sul palco siamo in grado di cavarcela da soli. Solo noi due"
Detto così, sembrerebbe molto semplicistico, e dal vivo molto probabilmente lo sarà quando si presentano on stage come duo, ma su disco una nutrita schiera di ospiti collaborano e aiutano.
La prima cosa che colpisce appena partono le prime note di Closet Full of Bones, è l'armonia vocale tra i due: l'aggraziata voce di Kate che contrasta e si scontra con quella sgraziata, buffa e nasale di Taylor, non così lontana da una delle innumerevoli voci-scegliete a caso-di un giovane Bob Dylan.
I quaranta minuti di questo loro debutto hanno due marce ben distinte. La prima (metà del disco) viaggia su un tranquillo tappeto di folk/country music, crepuscolare ed intimista: il primo singolo Another Planet non così lontano dalle girandole acustiche degli scozzesi Vaselines, Hold on to guidata dalle lap steel, la riflessiva 4 Stone Coaches e il blues acustico di Ring Around Saturn. 
La seconda parte vira su altri territori: a partire da Please don't let me Go, psichedelica e inquietante in odor di '60 con tanto di arrangiamenti orchestrali ad opera di Jonathan Kirkscey; vira su blues/doo wop disossati e divertenti come Lost in mississippi con l'armonica di 'Uncle' Randy Wyatt e il wurlitzer di Macey Taylor Sr.; il  trascinante honky tonk rock'n'roll di Against the River con l'aggiunta dei fiati di Jeff Callaway e assoli di elettrica, con il puzzo di sud che si sente a distanza; il country trascinante di On my Way e il blues scarnificato, squassante ed elettrico per sola chitarra e battiti di Never be my Man, per finire come tutto era iniziato: sulle tranquille, acustiche e arpeggiate note di Wheels and Gasoline, lento ritorno a casa all'alba di un nuovo giorno.
In questo debutto dei Dead Fingers traspare tutto l'amore che il duo riversa per la musica americana "tutta". Scarno, divertente, a volte spettrale, senza nessun punto di riferimento ma assolutamente scorrevole, godibile e genuino. Una coppia talentuosa che vive di musica-si sente-lo si percepisce e lo si vive insieme a loro. Nessuna pretesa se non fare musica in modo affiatato, lontano dai grandi circuiti. Sperando sia solo l'inizio del loro viaggio di vita e musicale insieme. Aspetto il secondo giretto in loro compagnia.






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