venerdì 23 marzo 2012

RECENSIONE: VOLCANO HEAT ( Vive le Rock! )

VOLCANO HEAT Vive le Rock! ( Go Down Records, 2011)

In mezzo a tanti gufi e mammasantissima a cui piace celebrare la morte del rock con funerali inventati e creati ad hoc per far nascere discussioni, utili come la neve in città con l'arrivo della primavera, finalmente qualcuno che fieramente si lascia scappare un grido universale: Vive le Rock!, senza la paura di apparire vetusto o retorico.
La copertina filosovietica, le scritte in stile locandina e lo stesso titolo lasciano poco trasparire sulla provenienza geografica di quel grido.
The Volcano Heat sono italiani e con il loro primo lavoro, dopo due ep di rodaggio (And the Light Goes Out-2008, Surrender/Live at the Blocco A-2009), hanno tutto il diritto di gridare forte e chiaro il genere che suonano. Sì, perchè trovare etichette è veramente difficile. Tante sono le fonti a cui i veneziani si ispirano per comporre le undici tracce di Vive le Rock!. Un disco che riesce a scorrere piacevole e veloce senza cedimenti nei suoi soli 35 minuti di durata, omaggiando in maniera viscerale il rock più sanguigno e diretto.
Pur uscendo per La GoDown Recods, etichetta a "tutto Stoner rock", in Vive le Rock! convivono in pefretta sintonia: il dark/street rock di Shake your head che potrebbe ricordare i vecchi The Cult o i migliori D.A.D., mentre Restless omaggia uno dei gruppi preferiti dal trio veneto, i mai troppo lodati Warrior Soul di Kory Clarke; il punk contaminato di rock'n'roll dei Clash in Today, che riesuma anche le vecchie strade battute dai marchigiani Gang negli anni ottanta, ma anche la ricca e florida scena rock'n'roll scandinava degli anni novanta; l'urgenza rock'n'roll/stoner di These Days un crocevia perfetto tra Danko Jones e i Queens of the Stone Age.
White Rays White Heat che omaggia nel titolo i Velvet Underground e la cover "appesantita" di Come Togheter (Beatles) possiedono il dono di far battere il piede e agitare la testa, rimandando alla più florida ed ispirata stagione del rock.
Ci sono le chitarre garage di Luca Picchetti che non disdegnano di ripercorrere le strade del vecchio hard/blues degli anni settanta, quanto il proto-punk della scena di Detroit (Sky e Secrets), con l'apporto di Gene al basso e
Andrea Vianello alla batteria, sulla scia dei migliori power trio dell'epoca con quella vena melodica sempre presente a far da collante.
I Remember, suona come suonerebbero i Doors senza l'hammond nell'anno 2012 e la finale e breve Everything is Right suona come suonerebbero i Doors con l'hammond nel 1968.
Canzoni che sopra ad un palco, libere da alcune pulizie di produzione, potrebbero( con il condizionale perchè non li ho mai visti live, ma sono sicuro che è così) far riesumare vecchi e antichi fantasmi. Quelli che non fanno più paura, che conosci, che magari hai già sentito mille volte, a cui sei affezionato ma che ti fanno gridare ancora: viva il rock! Perchè in fondo cosa pretendiamo ancora da quella parola di quattro lettere? Possiamo solo ineggiarne e benedirne l'esistenza.


vedi anche: The PEAWEES-Leave it Behind

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