giovedì 19 gennaio 2012

RECENSIONE: TOMMY STINSON (One Man Mutiny)

TOMMY STINSON One Man Mutiny ( Done to Death records, 2011)

Se il "rock NON è morto", contrariamente a quanto qualcuno da circa trent'anni con scadenza annuale, vuole farci credere, un pò di merito va a personaggi minori come Tommy Stinson.
Diversamente dal fratello Bob, morto per overdose nel 1995, Tommy è un sopravvissuto del post-punk americano dei primi anni ottanta.
Nel 1979, formò insieme al fratello, a Paul Westerberg e Chris Mars, The Replacements, band che partendo dal garage/punk più stradaiolo, con gli anni riuscì a crearsi un buon seguito grazie all'introduzione di elementi rock'n'roll e pop, divenendo quel gruppo di culto che tutti conosciamo e punto di riferimento per giovani band in erba.
Dopo lo scioglimento nei primi anni novanta, ognuno andò per la sua strada.
Tracce di Stinson le possiamo ritrovare nei numerosi gruppi a cui prestò il suo basso: dai Bash & Bop ai Perfect, giungendo all'ultima incarnazione dei Soul Asylum. Dal 1998 è ufficialmente il bassista di quello strano fenomeno da baraccone messo in piedi da Axl Rose, recante il luccicante e ancora remunerativo nome : Guns'n'Roses.
Questa sua seconda prova solista dopo Village Gorilla Head del 2004, sembra ripartire e guardare proprio ai dischi solisti di un ex gunners, il primo ad andarsene dalla formazione originale, il chitarrista Izzy Stradlin; alle prove soliste di un altro grande loser del rock americano come Mike Ness; o ancora all'ultimo e divertente album di quella testa calda di Ron Wood . Non ci sono troppe etichette da spendere per descrivere il disco: Rock, dice tutto e bene. Sicuramente meno sporco e crudo rispetto ai suoi passati progetti, preferendo giocare in prevalenza sulla melodia, di facile presa.
In apertura piazza il tambureggiante rock/blues di Don't Deserve You , doppiata dalla più stoniana che non si può, It's a Drag, con tanto di slide suonata da Chip Roberts e urletti alla Mike Jagger.
Meant to be e All this Way for Nothing sono due perfette road song, la prima viaggia nei territori cari a Tom Petty, la seconda ricorda la carica giovanile di gruppi come i Gaslight Anthem.
Nella seconda parte del disco, Tommy Stinson esplora nuovi territori, più leggeri: nella finale title track, traccia un bilancio di vita in stile dylaniano; si avvicina al suono americana con Come to Hide e nella country ed ironica Zero to Stupid (...I just can't go from zero to stupid in just one ... in just one ... in just one ... in just one ...one drink); ritrova il vecchio compagno dei Replacements, Paul Westerberg, con il quale scrive l'esotica Match Made in Hell, dove duetta con la voce femminile della sua donna Emily Roberts, presente anche su Destroy Me e in tutti i cori del disco.
Nulla di particolarmente miracoloso in One Man Mutiny se non poter dire, a fine ascolto:il rock è vivo! Per me è già tanto.

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