lunedì 9 gennaio 2012

RECENSIONE: ANI DIFRANCO (¿Which Side Are You On? )


ANI DIFRANCO ¿Which Side Are You On? ( Righteous Babe Records, 2012)

Se il buon anno (almeno musicale) si vede da Gennaio, possiamo ben sperare.
Il primo grido di sfida alla recessione di questo 2012, appena alle porte, lo lancia Ani DiFranco.
¿Which Side are you On?, traditional folk degli anni '30 che Pete Seeger fece suo, è dichiarazione di sdegno forte e chiara. Una presa di posizione che non le è mai mancata ma che la recente maternità aveva affievolito salvo restituircela amplificata a dismisura, ora che il futuro a cui pensare non è più solo il suo. La presenza del vecchio Pete come ospite, mai così adulato come in questi ultimi anni, serve a sottolineare il tutto. Ani DiFranco parte da quella canzone per far sentire la sua voce di donna e lo fa con altre 11 canzoni , tanto leggere e colorate nella forma, quanto pesanti nei loro messaggi.
Quarantunenne e mamma, la prolifica folksinger di Buffalo, può far ripartire la sua carriera, dopo tre anni di assenza(l'ultimo fu, Red Letter Year del 2008, in odor di gravidanza), con un disco dove sociale e privato convivono e si rafforzano a vicenda. Messaggi forti, senza censure, e musicalità che nella sua essenzialità, lascia da parte l'urgenza del passato ma si arrichisce di nuovi colori, approfittando del recente trasferimento in una città come New Orleans, dove la musica è celata in ogni angolo di strada.
Basta ascoltare la title track, aperta dal banjo di Pete Seeger (classe 1919), per capire come la DiFranco riesca ad impossessarsi di un traditional che vanta innumerevoli covers spalmate negli anni(l'ultima in ordine di tempo, quella di Tom Morello). Testo attualizzato alla recente crisi e folk che diventa elettrico e marziale fino ad esplodere con i fiati e la presenza di un coro di bambini della scuola The Roots of Music, da lei adottati spiritualmente. Un crescendo che vale il disco.
Se la title track ci domanda da che parte vogliamo stare, non vi è dubbio che Ani DiFranco, la sua ala, l'ha già scelta da molto tempo, fin dal suo promettente esordio del 1990; attraverso le sue scelte musicali e personali, lungo la sua ventennale carriera e ribadite con forza narrativa in questo lavoro. Messaggi forti che arrivano in una forma diversa ed adulta, ma arrivano.
Ry Cooder meets Paul Simon, targati 2011, sono le pietre angolari più recenti che l'ascolto del disco mi ha ricordato, con l'ispirata visione femminile a 360 gradi ad arricchire il tutto(da sempre convinta e militante femminista).
La perfetta apertura affidata all'evocativa Life Boat porta verso le personali e più introspettive liriche delle delicate Albacore(una delle mie preferite) e Mariachi, dei rumorismi blues di If yn Not con la saggia accettazione dello scorrere del tempo, del folk minimale di Hearse. Canzoni che viaggiano parallele al livore e disgusto verso le brutture del mondo che poco le appartiene, nella conclusiva Zoo(per sola voce e chitarra), della presa ecologista del "quasi" Calypso di Splinter, del reggae di denuncia politica di J e della forte presa di posizione sull'aborto che esce dalla spigolosa ed oscura Amendment, che sicuramente susciterà qualche polemica."If you don’t want an abortion...Then don’t have one"
Una grande famiglia di musicisti ospiti ad aiutare e colorare il tutto:oltre al già citato Seeger, una menzione meritano i Neville Brothers(Ivan e Cyril), i chitarristi Adam Levy e Dave Rosser, più un'infinità di musicisti di New Orleans. Tutti sotto la regia del produttore, compagno e papà Mike Napolitano.
Un disco quasi hippy nella sua forma: maturo, sincero e diretto, dove la saggezza delll'età riesce a rileggere la realtà in modo diverso dal passato. Dove l'accettazione dello trascorrere del tempo non vuol dire rassegnazione ma consapevolezza e voglia di portare avanti le proprie battaglie con nuove forze e vigore. Sicuramente, da un angolo di visione diverso e più ampio. Ani DiFranco è la prima ad elargire speranza in questo inizio anno. Avanti gli altri.

Nessun commento:

Posta un commento