lunedì 24 ottobre 2011

RECENSIONE: THE ZEN CIRCUS ( Nati per subire)

THE ZEN CIRCUS Nati per subire( La Tempesta Dischi, 2011)

No, non cercateli in tv o nelle radio in filodiffusione del supermercato sotto casa, magari quello immortalato in copertina. Difficilmente a qualcuno dei regnanti/padroni dei mass-media di questo nostro paese fatto a forma di scarpa potrà piacere un testo dei Zen Circus, a meno che non venga travisato e lanciato solo perchè il coro prende bene(...di esempi ne abbiamo e il coro de L'amorale ci sguazza in pieno).
Dopo l'abbandono dell'inglese, dopo lo smussamento di tutti gli angoli che li avevano portati ad essere bollati come i Violent Femmes italiani, fino a finire per collaborare proprio con Brian Ritchie in Villa Inferno, il primo disco in cui si avvistavano i primi segni di cambiamento. L'approdo avviene con Andate tutti affanculo(2009), un esperimento tutto cantato in italiano che funzionò così bene che il seguito era quasi obbligatorio, per capire l'effetto che fa.
Se a qualcuno il successo, quello del sottobosco per intenderci, anche di critica, non era andato giù, poco importa, perchè per arrivare fino a qui, Appino, Ufo e Karim hanno vissuto la gavetta che tante segretarie e sottosegretarie della repubblica italiana hanno bellamente saltato in favore di altri salti su lettoni di costruzione "russa". I tempi dei buskers che giravano Pisa, con i vestiti comprati ai mercatini delle pulci e registravano Doctor Seduction, inventandosi, poi, le storie del signor Nello Scarpellini, sono passati. Non invano , però. Ora è tempo di diffondere il messaggio in modo chiaro e capibile. In fondo il rock'n'roll è solo questo e gli Zen Circus lo sanno.
"Andate tutti affanculo" diceva tutto nel titolo, così come Nati per subire che ne è il giusto seguito e non una rassegnazione. Naturalmente al loro successo non si dovrà chiedere in cambio nessun cambiamento di rotta, la loro vena scherzosa, la loro critica pungente e sarcastica, l'autoironia è rimasta infatti intatta.Viene a mancare l'effetto sorpresa e novità che il precedente disco riuscì a smuovere e una cura nei suoni e negli arrangiamenti che li ha allontanati forse un pò troppo dallo spirito iniziale dei primissimi dischi, ma gli Zen Circus rimangono le solite teste calde che sanno sbeffeggiare e denunciare con il cervello ben collegato e pensante.
Agli Zen Circus piace usare la nostra Italia come capro espiatorio delle loro storie. A ragione. In fondo la vita, la morte, l'amore, la rabbia e la felicità passano attraverso le strade assolate e le vie buie del nostro bel paese(Atto secondo). Una regola che vale per "quasi" tutti gli abitanti con passaporto regolare o acquisito.
Nel paese che sembra una scarpa è il manifesto programmatico che apre il disco con gli ingredienti cari al gruppo: testi cinici dove l'umorismo scava in verità spesso conosciute ma nascoste per comodo, a malo modo, in uno sgabuzzino. (...così le banche prestano dei nomi a tutti quanti / tua nonna come sempre ti regalerà dei guanti / il lavoro è disprezzare gli altri per ventiquattro ore / e ci spezziamo ancora le ossa per amore / un amore disperato per tutta questa farsa / insieme nel paese che sembra una scarpa....).
Il folk/rock acustico prevale ma lascia spesso e volentieri il passo all'elettrico e agli assoli come nel primo singolo L'Amorale, con il bersaglio anticlericale centrato in pieno e sbeffeggiato con una cantilena fanciullesca. Il bullismo imperante e patologico di Nati per subire, specchio che riflette un pò tutti noi, il folk di La Democrazia semplicemente non funziona con Giorgio Canali, ospite nel consigliarci di "farci fottere".
C'è anche un avvicinmamento al mondo cantautorale italiano, palese e poco nascosto in tracce come I Qualunquisti. Rino Gaetano, da lassù ascolta e ringrazia (...l'ultimo dei tuoi problemi è la mobilità sociale / che non s'è mai capito cosa vuol significare / infatti siam tutti in giro che non si riesce a passare / che ci sia di sociale ce lo devono spiegare / son poveri di spirito i poveri in generale...). Così come in Franco, storia di quotidiana vita operaia che mi ha rimandato subito a L'opearaio della fiat "la 1100" del compianto cantautore calabrese.
Gli Zen Cicus si divertono e giocano molto musicalmente. Dall'amarezza alt/new wave de Il mattino ha l'oro in bocca, alle atmosfere leggere e pop come l'ironico dileggiare di I milanesi al mare che gioca con il surf/punk/pop degli amati Ramones fino alle atmosfere sixty/pop di Ragazzo Eroe, un giro d'Italia alla ricerca di arruolamenti di giovani ragazzi per il buon futuro del belpaese. Fino ad arrivare all'amara conclusione di Cattivo Pagatore, ritratto reale di tante giovani famiglie in lotta con il precariato e il "fine mese" alle porte.
Sarà veramente uno sparo l'unica soluzione?

Graditi ospiti, oltre al già citato Giorgio Canali: Enrico Gabrielli, Dente, Francesco Motta(Criminal Jokers), Alessandro Fiori, Il Pan Del Diavolo, Nicola Manzan, Ministri e Tommaso Novi ( Gatti Mèzzi ).

2 commenti:

  1. "No, non cercateli in tv o nelle radio in filodiffusione del supermercato sotto casa, magari quello immortalato in copertina"
    Mah... veramente ho saputo del loro disco proprio oggi su deejay tv. :)

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  2. Ahaha...I tempi stanno cambiando...non pensavo a questa velocità!;)

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