mercoledì 11 maggio 2011

RECENSIONE: ORCHID ( Capricorn)

ORCHID Capricorn ( Church within Records,2011)


Dopo l'uscita di "Sabotage", ricco di nuovi spunti , i Black Sabbath in questo 1976 fanno uscire Capricorn che sembra riportarli sulla scia dei primi ed immortali dischi. No, non sono impazzito ma potrei fermarmi qui e chiunque capirebbe cosa suonano gli Orchid e dove va a parare il loro Capricorn. Ebbene sì, se aspettate la reunion della formazione originale di Birmingham lasciate per un attimo la fantasia o meglio convincetevi che tanto dai vecchi signori del doom difficilmente uscirà qualcosa che assomigli ai primi anni settanta. Meglio allora buttarsi, per una volta, su giovani adepti che in quegli anni nemmeno erano nati, ma che dai maestri sembrano aver eredidato tutto e di più.
Ogni decade ha avuto le sue band devote al "nero sabbath", gli anni ottanta sono stai gli anni di Candlemass e Trouble, gli anni novanta di Sleep e Cathedral , in questi avari anni zero si fanno avanti tra i tanti, gli Orchid da San Francisco. Dopo due Ep, arriva finalmente il full lenght e il salto indietro nel tempo è facile e indolore meglio della macchina dello scienziato "Doc" di Ritorno al futuro.
Quando si parla di band come gli Orchid è sempre facile cadere in una parola come plagio e sfortunatamente anche i titoli delle canzoni sembrano portare in un unica e sola direzione.


Ascoltando le canzoni, però, si intuisce di avere a che fare con un gruppo che sa il fatto suo: nove canzoni dalla durata media di sei minuti, dove i nostri riescono a costruire e mettere al loro interno rallentamenti ed accelerazioni, parti acustiche e progressive con un gusto della melodia che unisce il tutto e fa la differenza facendosi perdonare i tanti riferimenti ai Black Sabbath sparsi lungo tutta la durata del disco. Quello che fa la differenza tra gli Orchid e gli altri gruppi sono le canzoni, costruite con intelligenza e maestria con la voce del cantante Theo Mindell che pur rimanendo sui registri dell'Ozzy Osbourne anni '70 non ne scimmiotta la voce come già sentito in altre band, un basso pesante e presente fino a guidare la canzone, ascoltate la title-track Capricorn e capirete, e una chitarra in mano a Mark Thomas Baker che sforna riff come Toni Iommi non fa più da molto tempo.

L'iniziale Eyes behind the wall, non sarebbe la canzone che tutti i fans dei Black Sabbath vorrebbero sentire ancora dalla chitarra di Iommi? Cosmonaut of three, con tanto di video, potrebbe essere la doom-song perfetta. Black Funeral, omaggia fino ad essere la figlia perfetta di Hands of doom, He who walks alone rimanda ai conterranei Trouble, Electric Father è una sulfurea space/doom song, psichedelica e straniante come la chiusura affidata all'acustica, sognante e progressive Albatross, guidata dal moog, una specie di Planet Caravan pt.2.
Ci sarà sempre chi dirà: a questo punto continuo ad ascoltarmi gli originali primi cinque dischi dei Black Sabbath, ma attenzione perchè questi ragazzi hanno tutte le potenzialità per diventare importanti e il prossimo disco sarà una prova senza appelli. Ultima annotazione per l'artwork globale del cd, veramente cosa d'altri tempi, anche quello.

 

3 commenti:

  1. Bravi son bravi,non c'è dubbio,però a volte son davvero troppo simili ai sabbath,sia gli strumenti che la voce,tanto vale ascoltarsi master of reality,almeno è l'originale.Comunque,promossi,ma mi auguro che nel prossimo ci mettano un po' più di orchid e un po' meno di Iommi e co.

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  2. machisenefottesesembranoisabbath ! Anzi meglio , froci de merda tornate a farvi le seghe su bieber !

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  3. Caro anonimo numero 2...ascoltati gli Orchid e taci perpiacere....ne avessi parlato male!Forse hai scelto il sito sbagliato per le tue inutili provocazioni e insulti gratuiti...bieber non so nemmeno chi sia al contrario tuo...adios

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