venerdì 29 aprile 2011

RECENSIONE: VINICIO CAPOSSELA ( Marinai, profeti e balene)

VINICIO CAPOSSELA Marinai, Profeti e Balene (La Cùpa, 2011)

Sempre uguale a se stesso, nei secoli dei secoli, il mare non è mai mutato, i suoi rumori e i suoi dolci e spettrali silenzi, il sali/scendi delle onde, i suoi odori di vita e di morte sembrano materializzarsi in un disco enciclopedico che ci racconta leggende, miti e altre storie appoggiandosi spesso e volentieri su testi "alti" della grande letteratura che hanno l'acqua salata come protagonista. Se gli ultimi bollettini ci parlano di un mare rivoltoso ed assassino (Tsunami) o di un mare "autostrada" e ugualmente assassino per disperati alla ricerca di lidi felici, il mare di Vinicio è tutto questo e molto di più. Le sue acque diventano anche la nostra vita compiendo un gioco di parallelismi e metafore.
Capossela ha compiuto un impresa d'altri tempi, riuscendo a riunire 19 canzoni monotematiche in due dischi che suonano d' antico e hanno il colore mutevole dell'acqua e le sue tante sfumature, dal verde melmoso all'azzurro più limpido.

Un primo segnale lo aveva lanciato nel 2008 quando in fondo a Carried to dust, disco degli americani Calexico, vi era come bonus track la canzone Polpo, suonata in compagnia del gruppo di Tucson. Quella canzone è diventata Polpo d'amor. Vi è poi stato il tour sempre del 2008 in cui interpretò in mezzo al mare sopra ad una imbarcazione canzoni a tema marinaresco e infine la geniale intuizione che il mare nella sua oceanica vastità poteva diventare ispiratore di mille storie da appiccicare sopra alla vita di ognuno di noi. Registrato in più luoghi, prevalentemente sul mare, prodotto insieme a Taketo Gohara.

Tutto sembra grande in questo disco a partire dall'autore, passando per la innumerevole quantità di strumenti usati, anche quelli improvvisati, gli ospiti, i cori, gli stili. Capossela si veste da bucaniere e ci indirizza verso un mondo pieno di misteri che solo quando toccano terra sembrano diventare realtà. Due dischi come due parti di un solo racconto, con un solo protagonista, ma ben distinti l'uno dall'altro. La prima parte biblica e letteraria, la seconda più Omerica e terrena .
Può sembrare estremamente difficile entrare dentro al disco, come districarsi ed uscire vivi dalla stiva di una grossa nave piratesca, piena di cunicoli, botole e nascondigli. Si può partire dall'inizio e prendersi un'ora e mezza di tempo seguendolo cronologicamente così come è stato concepito oppure andare a zonzo cercando tra i bizzarri titoli delle canzoni, quelle che più ci attraggono alla prima lettura. Il consiglio è di fare l'una e l'altra cosa.

Si parte dal romanzo "Moby Dick" di Melville, quello con le traduzioni fatte da Pavese, nelle iniziali Il grande Leviatano e L'oceano Oilalà, la prima, una inquiteante e abissale overture tra romanzo e citazioni bibliche, la seconda un mix tra ballata medioevale e canto piratesco che si chiude con il più classico coro dei marinai" Date un bicchiere di rum. Noi vogliamo del rum". Il romanzo di Melville è gran protagonista nella prima parte del disco, da cui traggono ispirazione anche La bianchezza della balena, la talkin' opera Fuochi fatui e la piratesca e corale Billy Budd, un blues contagioso e guidato dall'ospite Marc Ribot (fida chitarra del maestro Waits).
La spettacolare Job, ballata con l'esplosione finale in bilico tra Dio e satana, tratta dal "Libro di Job", lo xilofono guida Lord Jim che prendendo spunto dal romanzo di Joseph Conrad, narra le gesta del marinaio inglese complessato dal suo passato (Nessuno è mai protetto dalla sua debolezza...).
In Polpo d'amor, Capossela immagina l'amore sotto le vesti di un polipo con molte braccia per "amare meglio", magari la bella sirenetta Pryntyl protagonista del primo singolo che sembra uscire direttamente da un grammofono dei primi '900, con le Sorelle Marinetti ospiti.

Con il secondo disco sembra quasi di mettere per un attimo i piedi sulla terra ferma. L'uomo ora cerca risposte e se il mare era poco rassicurante e pieno di incognite, la vita lo è nella stessa misura.
Chi smanioso di risposte, si affida agli indovini, Dimmi Tiresia (...ma è meglio sapere o non sapere...a che mi servirà sapere, saper il mio destino come già deve compiersi...), chi si butta sui nettari capaci di alterare la percezione,Vinocolo è un blues elettrico, rumorista e non sense ode al vino tra i miti dell'Odissea, dal carattere waitsiano. Non poteva mancare la citazione alle mappe dei marinai, ossia il cielo e le sue stelle, Le Pleiadi è una ballata pianistica delicata e armoniosa così come Aedo guidata dalla lyra suonata da Psarantonis, uno dei tanti picchi del disco.
La mitologia greca in Calipso si fonde con la musica caraibica, La madonna delle conchiglie, una filastrocca dedicata alla protettrice dei marinai.
Le sirene che cantano il "tempo andato e futuro" chiudono un disco senza punti deboli, dove ogni nota e ogni parola riempiono e saziano la fame di musica.
Ultimo avviso ai naviganti: il prolungato ascolto del disco produrrà dipendenza. Un 'opera che rimarrà negli annali in compagnia delle migliori opere musicali italiane e un artista che conferma la sua voglia di sperimentare con la fantasia.

4 commenti:

  1. totalmente in accordo con la tua superba recensione..un'opera maestra..che rimarrà nella storia della musica e non solo..purtroppo l'ho già ascoltato un trentina di volte..quindi la mia dipendenza è oramai assoluta.

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  2. Ho citato questa recensione, in più ho fato un'analisi e raccolto informazioni sul brano Pryntyl in relazione al racconto Scandalo negli abissi di Céline.

    Il link è qui, se interessa.

    Ciao
    Claudio

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